mag 312016
 
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di Amedeo Tosi

Oggi il Consiglio Comunale di Fidenza celebra l’anniversario del primo voto da parte delle donne in Italia.

Un momento di riflessione e confronto molto importante, per il quale ringrazio i consiglieri di minoranza per averlo proposto, che ci vede tutti assieme riflettere sui diritti alle donne e sulla situazione presente oggi nel nostro paese anche grazie all’atteso intervento della dott.ssa Roberta Mori Presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Emilia Romagna che ringrazio a nome di tutto il Consiglio Comunale e dell’Amministrazione per aver accettato il nostro invito ed essere qui.
Ringrazio poi il dott. Nino Manno e il Segretario per il supporto fornito nell’organizzare il Consiglio Comunale straordinario.

Il 10 marzo del 1946 si svolsero a Fidenza, come nel resto del paese, le elezioni amministrative e per la prima volta poterono sia votare che essere elette anche le nostre concittadine. Gli elettori erano 11.627 circa la metà donne. Un diritto, quello del voto, riconosciuto dalla Costituzione a tutti i cittadini, uomini e donne, maggiorenni consistente nella possibilità di partecipare alle elezioni. Se pensiamo al voto, 70 anni dopo, è chiaro come la nostra nazione sia entrata in una dimensione di vocazione civica ben lontana da quella presente nel marzo del 1946. Il problema non è più solo quello dei diritti ma quello dell’astensionismo crescente e della coscienza civica sempre più in difficoltà che dovrebbe invece portare tutti uomini e donne ad interessarsi ed occuparsi della città.

Tanto resta ancora da fare sulla parità effettiva dei diritti come ci dimostrano i numeri: solo il 51 per cento delle donne lavora, contro il 74 per cento degli uomini. Ma l’elemento chiave è la disparità salariale: un’italiana in media guadagna 0,47 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo. Solo per restare nel campo del lavoro trascurando tutti gli altri ad iniziare dalla famiglia.
E’ infatti soprattutto sulle spalle delle donne che pesa in modo sempre più gravoso la necessità di portare avanti la crescita dei figli, la gestione della casa e la propria attività lavorativa quando c’è. Per le giovani coppie arrivare a costruire una famiglia è sempre più difficile ed i tempi della vita si spostano in avanti con tutto quello che comporta sia nelle relazioni che nella società.

Una riflessione urgente sul ruolo della donna oggi e sull’effettiva parità dei diritti è inderogabile se vogliamo ancora parlare in futuro di una generazione di italiani visti i drammatici indici demografici oggi presenti.

«Stringiamo le schede come biglietti d’amore» scriveva Anna Garofalo nel suo libro edito da Laterza e pubblicato nel 1956 ricordando il giorno del voto. Sarebbe bello poter scrivere oggi: “vivo in uno Stato e in un Europa dove essere madre, donna e moglie o compagna è al centro delle azioni politiche e dell’attenzione sociale: il più alto segno di amore della nostra società”.

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mag 312016
 
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di Alessia Frangipane

È con grande piacere che saluto e ringrazio la consigliera regionale Roberta Mori per averci onorato della sua presenza e del suo intervento qui, con Roberta abbiamo condiviso una legge regionale sulla parità e contro le discriminazioni di genere frutto di un lungo e importante cammino. Come ci è già successo di ricordare in questa sala e nelle iniziative promosse dall’amministrazione comunale che “praticano” e concretizzano la normativa regionale, questa legge ci fa salire di un gradino la lunga scala che porterà seriamente ed in maniera univoca ad una parità di genere iniziata 70 anni fa.

Ringrazio le consigliere e i consiglieri di minoranza che hanno proposto questo consiglio dedicato perché ciò mi ha dato modo in questi giorni di riflettere sul voto femminile. Nel momento del voto mi sono sempre detta che noi donne votiamo da troppo poco tempo per permetterci di ipotizzare, come gesto provocatorio, di non andare a votare e …

In questi giorni ho pensato che mia nonna quando è nata, era il 1932, è nata di serie B per lo Stato in cui viveva. Non aveva diritto di voto. Mia madre invece per fortuna sì. Può sembrare banale soffermarsi su queste cose ma è doloroso per me rendermi conto che 70 anni fa io valevo meno del consigliere… Rastelli. Secondo me siamo uguali nell’esercitare un diritto, questo diritto.

Le differenze sono altre tra me e lui. La valorizzazione delle nostre differenze, di genere, si deve concretizzare in altro modo da “consentire a lui di votare e a me no”. Bene, 70 anni fa questo non era possibile.

Mi sono detta, nella breve riflessione di alcuni giorni fa, che non potrò mai più lamentarmi della fatica e della (a volte) precarietà, spesso fragilità, della nostra democrazia, sono solo 70 anni che il suffragio è davvero universale! siamo giovani, giovanissimi operatori ed operatrici di democrazia, è naturale che se diamo per scontato i diritti acquisiti da pochi anni questi presto scompaiono nei meandri delle problematiche e delle emergenze, sono diritti ancora troppo “in fasce” per non aver bisogno di sostegno.

Ed infatti la pari opportunità del voto non ha automaticamente portato una pari opportunità culturale.
Oggi io sono qui forse, senza forse, diciamola la verità, perché tutti siamo obbligati da una legge ad avere giunte di parità, certo non possono essere giunte né di sole donne e né di soli uomini ma tutti voi-noi sappiamo benissimo che il problema maschile nella politica così come nei consigli di amministrazione o nella analisi degli stipendi o carriere non esiste.

..la fatica di vederle le donne al di fuori del "bella, brava e mamma" e di vedersi le donne, noi donne, di vederci non come ci vede la tv, la pubblicità e la maggior parte degli uomini.. che grande sfida culturale e personale di ognuna e ognuno di noi!

Forse, se saremo bravi e brave tra 10 anni questo obbligo “di vederci e di cercarci… certo per le nostre capacità e competenze” non servirà più perché sarà usuale per tutti noi, donne e uomini, pensare che una donna possa svolgere normalmente attività politica, imprenditoriale e di comando e non come qualcosa di eccezionale.

Credo che per arrivare davvero in cima alla scala e raggiungere seriamente le pari opportunità non siano sufficienti leggi e servizi, i famosi servizi di conciliazione del tempo di lavoro e di cura.. tu che sei mamma, figlia o nipote e che desideri lavorare, anche lavorare, o devi lavorare per avere una qualità della vita tua e della tua famiglia di un certo tipo, hai bisogno che le istituzioni ti agevolino in questi duplici o triplici compiti/ruoli e quindi se le istituzioni non lo fanno, è tutto un gran lamento, e manca questo e manca quello ecc. Aspetto fondamentale, non dico che non siano essenziali per la parità i servizi, ma credo anche che la sfida sia profondamente su un altro piano, di tipo culturale e anche molto privato, finché il ruolo e il compito dell'uomo sarà uno e quello della donna duplice o triplice all’interno della società e della famiglia la cosiddetta parità sarà solo fatta di parole. Non che non ci siano oggi, per fortuna, uomini che fanno altro, hanno più ruoli e compiti, oltre che lavorare e portare a casa lo stipendio più alto che porta avanti l'economia del

sistema familiare. Ma sono troppo pochi, non sono l’ordinario, non è usuale.Ci vorrà del tempo, certo, sono solo 70 anni che abbiamo il diritto di voto, ci vorranno leggi servizi iniziative a sostegno di una cultura della parità. A sostegno di un atteggiamento mentale che deve svilupparsi precocemente fin dalla nascita, per chi deve ancora nascere, e acquisito per chi è nato in un determinato contesto ed è consapevole di voler vivere in un altro.

Io sono stata più fortunata di mia nonna, sono nata quando donne e uomini avevano lo stesso diritto di voto, io non sono nata di serie B.

Oggi è importante lavorare nell’offerta di servizi di aiuto per conciliare tempi di lavoro e di cura non alle donne ma alle famiglie che sono composte da donne e da uomini. Oggi è importante offrire ai nostri figli un contesto dove immaginarsi e sperimentarsi in modo paritario, senza stereotipi di genere. I primi risultati li vedremo quando la maggior parte dei giochi di ruolo dei nostri figli, alla scuola materna, non saranno i soliti giochi stereotipati, ma saranno più liberi, mentalmente liberi di sognare di diventare carpentiera, idraulica, saldatrice, medica, ingegnera, è difficile trovare mestieri prevalentemente maschili coniugati al femminile… 

Forse vi aspettavate altro da me o forse no. Ma il diritto di voto alle donne è solo la partenza di un lungo cammino di conquista di diritti e libertà, non è l'arrivo.

mag 312016
 
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di Alessandra Narseti

Credo che queste occasioni siano importanti per ricordare come i diritti, sia civili che politici, siano conquiste che richiedono battaglie, impegno e determinazione. Chi nasce con questi diritti, purtroppo, tende a dimenticarlo.

Sembra assurdo pensare che meno di un secolo fa una parte della stampa definisse le suffragiste come “cattive donne” e celebrità del tempo come Vittorio Gassman e Vittorio De Sica considerassero il diritto di voto alle donne come un “nemico della serenità domestica”. Ma questo non deve stupire se si considera che fino al 1956 in Italia vigeva lo ius corrigendi (cioè il potere correttivo del marito nei confronti della moglie che comprendeva la coazione fisica), ne era punito sì l’abuso, ma per abuso si intendeva un ricovero ospedaliero di almeno 20 giorni.
Se questo succedeva nella vita privata non dimentichiamo, per quanto riguarda l’attività lavorativa, che le donne non poterono accedere alla magistratura fino al 1963. L’assemblea costituente nel 1947, infatti, negò loro questo diritto, dopo un lungo dibattito dal quale emerse l’inidoneità della donna per la “difficile arte del giudicare”.

E’ questo il contesto nel quale le donne italiane iniziano a chiedere sempre più insistentemente di poter partecipare alla vita politica del paese. E sono proprio queste donne, a mio avviso troppo dimenticate, che mi piacerebbe in questa occasione ricordare. Ne cito una per tutte: Anna Maria Mozzoni, che fu una delle più grandi emancipazioniste italiane e fu, tra l’altro, autrice di diverse petizioni al Parlamento.
E’ curioso un fatto: nel 1925 proprio durante una discussione alla camera sulla estensione del diritto di voto alle donne, il deputato Giacomo Acerbo citò una sua petizione affermando però che fosse stata scritta “dal Mozzoni”, attribuendole così sesso maschile. Credo che questo sia molto significativo.

Ma quello che più di tutto mi preme ricordare è come al riconoscimento giuridico dei diritti corrispondano mutamenti, il più delle volte anche molto profondi, nelle vite delle persone. Questo valse anche per il riconoscimento del diritto di voto, negato per tanto tempo alle donne proprio per paura che portasse alla fine del loro assoggettamento nella sfera privata. Quello che successe nel ’46 fu quindi qualcosa di molto grande, perché permise alle donne di rompere quel guscio che le aveva ricoperte per anni.

Vorrei concludere il mio intervento, proprio, con la testimonianza di una partigiana, Marisa Ombra, che secondo me con le sue parole rese molto bene questa sensazione provata dalle donne che nel ’46 votarono per la prima volta, disse: “Per noi donne andare in guerra e imparare allo stesso tempo la politica è stata una sconvolgente scoperta. La scoperta che la vita era, poteva essere qualcosa che si svolgeva su orizzonti sempre più vasti di quelli fino ad allora conosciuti. Che esisteva un’altra dimensione del mondo. E’stato quindi un evento che ha modificato la nostra stessa idea di vita, è stato un prendere a pensare in grande”.