di Franco Amigoni
Ho seguito il Festival Of4 e ho anche brevemente partecipato ad uno degli appuntamenti previsti nel cartellone.
Nei giorni seguenti sono state numerose le prese di posizione pro e contro il Festival, basate essenzialmente sul riscontro di cassa dei negozianti locali da un lato, degli operatori dello street food dall’altro, sul riscontro di pubblico dall’altro ancora.
Ho anche intravisto, molto da lontano, che qualcuno ha provato a risuscitare l’evento 2012 dei Subsonica in Piazza Garibaldi come un evento riuscito.
Riuscito in sostanza perchè non avrebbe fatto “perdere” soldi all’Amministrazione, perchè per il resto non pare abbia lasciato una traccia duratura nella memoria dei fidentini.
Queste poche note fanno emergere a mio avviso due elementi, uno micro, di misurazione del successo o insuccesso di una iniziativa, e uno macro, di senso dell’iniziativa stessa all’interno dell’ecosistema culturale di un luogo.
Il tema della misurazione presenta molte sfaccettature, proviamo ad evidenziarne alcune:
1. c’è il numero dei frequentatori. Le stime fatte dal Comune indicano in circa 36mila le persone presenti nel corso dei tre giorni del festival. Sono pochi? sono tanti? Se li dividiamo per 365 giorni di un anno, la loro incidenza in termini di “residenti equivalenti” è pari a circa 100 persone.
Non vado oltre, ma questo per dire che raramente sinora il “format” del festival è riuscito a incidere profondamente sull’economia urbana, nelle città italiane. Se invece dividiamo i 57mila euro spesi per 36mila presenze, otteniamo un costo/presenza di 1,58 euro. Non parliamo poi del caso “subsonica”. Con 1100 paganti,e un centinaio di biglietti venduti a Fidentini, a fronte di 88mila euro di spese, il costo/presenza (non entro qui nel merito delle sponsorizzazioni e dei costi reali per il Comune, ci penseranno altri eventualmente) è stato pari a 80 euro tondi tondi per presenza. C’è da farsi venire i capelli ricci (per chi li ha). Penso che un costo/presenza di 80 euro possa essere annoverato tra i peggiori nella storia dei festival mondiali, e il fatto che una parte della somma sia stata sostenuta da privati non riduce le dimensioni del fallimento. Credo che se si fosse proposto a un migliaio di persone di recarsi in centro per ritirare 40 euro, si sarebbe speso la metà a parità di risultato (anzi, con maggiore soddisfazione dei “premiati”). Se le iniziative sono fatte per creare nuovi flussi in centro, la partita dei Subsonica è ingiocabile;
2. c’è l’attivazione dell’economia locale, che in questo caso è stata indiretta, nel senso che tutti gli operatori dello street food erano provenienti da fuori Fidenza e appartenevano ad un “format” che sta girando l’Italia, quello organizzato da Merenda Italiana. L’attivazione dell’economia locale è stata quindi indiretta, nel senso che una parte dei frequentatori del festival si è anche diretto presso i locali dell’area per acquistare o consumare, in misura difficilmente quantificabile. Su questo aspetto, tra le varie sperimentazioni effettuate negli scorsi due anni sul tema agro alimentare probabilmente a mio parere quella più interessante rispetto all’attivazione dell’economia locale è stata Borgo Food, l’insieme delle iniziative agro alimentari connesse alla Festa di San Donnino 2015. Ricordo fra le altre cose gli showcooking con cuochi borghigiani, che hanno riscosso grande successo. Penso che, pur perfezionabile, la strada sia quella. Merenda Italiana, sia pur molto interessante come iniziativa, in breve tempo ha già trasformato sè stessa in un “format distributivo omogeneizzato”, che può essere molto piacevole ma non esprime il genius loci. Sul “genius loci” dei Subsonica soprassiedo.
3. c’è la sedimentazione di un patrimonio immateriale di attività culturali, cui il festival poteva contribuire. Sotto questo aspetto il Festival Of4, cambiando totalmente volto nelle sue due edizioni, non ha a mio avviso centrato l’obiettivo nè nel 2015 nè nel 2016, e richiede un ulteriore ripensamento; per i Subsonica parlare di patrimonio immateriale forse è un pò forte, senza nulla togliere alla qualità della loro musica per chi la apprezza;
4. c’è un discorso di rete, che l’evento può innescare o far crescere. Rete con altre iniziative, con il sistema locale e sovralocale. Qui qualcosa il Festival ha forse lasciato, vedremo;
5. c’è un discorso di tema. I festival di grande successo in Italia sono sempre nati dal basso, da appassionati in grado di fare la differenza, senza imposizioni dall’alto. Mantova, Trento, Pordenone, Bra, Lucca sono soltanto alcuni esempi. Anche Fidenza ha fatto storia in questo senso, con l’ormai classico esempio del Festival di Lilliput, che ha fatto la differenza per alcune edizioni portando la nostra città al centro dell’attenzione nazionale rispetto a questo tipo di iniziative. Il Festival di successo ha comunque un tema forte (non quattro, di cui tre soltanto accennati), e lo valorizza al massimo.
La questione del tema ci conduce al secondo punto, quello macro, di senso dell’iniziativa stessa all’interno dell’ecosistema culturale di Fidenza.
La nostra città può esprimere oggi, e reggere nel tempo, un festival importante e di richiamo sovraregionale?
Ne vale davvero la pena anche nel 2016?
Ma soprattutto, quali sono le energie dal basso, che scaturiscono direttamente dal nostro territorio (e che c’erano per Lilliput), che possono fare la differenza con un occhio al genius loci e uno, strabicamente, al futuro?
Come spesso mi accade, concludo qui, con qualche buona domanda.