apr 292010
 

Io sottoscritto Davide Malvisi consigliere del Partito Democratico, sono a chiedere chiarimenti riguardanti l’assicurazione antifrode attivata dalla precedente amministrazione.

Vorrei ricordare che il comune di Fidenza, nel 2005, fu tra i primi comuni ad attivare tale servizio a favore della popolazione anziana e che tale scelta ha visto negli anni seguenti l’adesione di tante altre amministrazioni sia di centrosinistra che di destra ad ulteriore dimostrazione della bontà del progetto. Solo a titolo di esempio segnalo che ultimamente anche lo stesso comune di Parma nell’ambito dell’iniziativa di Parma Sicura ha attivato analoga assicurazione.
Vorrei ricordare che tale polizza che normalmente copre le persone con più di 65 anni, a Fidenza era stata estesa all’età di 60 anni e con servizi aggiuntivi utili soprattutto alle persone sole e quindi più vulnerabili e indifese (servizi di consulenza medica, piccoli lavori artigianali, preventivi, assistenza in caso di perdita di chiavi, documenti, oltre alla regolare copertura assicurativa per frodi, furti e tentativi di furto. Questo tipo di assicurazione che comportava una spesa molto modesta era a mio avviso, un modo, per dare sicurezza e tranquillità ai nostri anziani che il più delle volte sono i principali obbiettivi dei malviventi.

Si chiede:

a) se corrisponde al vero che tale copertura assicurativa non sia stata rinnovata da questa amministrazione.
b) se non fosse stata rinnovata, come si dedurrebbe dalla lettura dei documenti di bilancio, si chiede di sapere chi ha deciso e le ragioni che hanno portato a privare, senza alcuna comunicazione, alcune migliaia di fidentini di questo importante supporto.
c) sempre nel caso in cui tale tutela sia stata abbandonata e visto anche che nessun progetto alternativo è stato ne pensato ne messo in campo per dare le stesse garanzie ai nostri anziani chiedo che:

1) tale assicurazione venga al più presto riattiva e se possibile migliorata
2) estesa a tutta la popolazione.

Suggerisco infine che il Comune di Fidenza si faccia subito promotore della ri-attivazione della polizza ma nell’ambito delle Terre Verdiane di cui è comune capofila, questo per ottenere maggiori economie e migliori prestazioni e per garantire questo importante supporto a tutti i cittadini del nostro territorio.

Davide Malvisi
dmalvisi@pdfidenza.it

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apr 122010
 

Rilevato che

- la crisi economica colpisce pesantemente le famiglie e le comunità locali, intacca la tenuta e la solidità del sistema economico e imprenditoriale, causa il ricorso massiccio alla cassa integrazione, la precarietà e la perdita di lavoro.
- la risposta alla crisi sta nella capacità di sostenere la ripresa economica, favorendo processi di riorganizzazione produttiva, politiche di sostegno ai redditi e ai bisogni delle famiglie, sgravi fiscali e ammortizzatori sociali, oltre che investimenti pubblici e misure per l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.
- il Patto anticrisi promosso dalla Regione Emilia-Romagna e condiviso con le organizzazioni imprenditoriali e sindacali, ha avuto questa funzione e queste finalità. Mentre assolutamente inadeguate e insufficienti si sono rivelate le politiche anticrisi del Governo.
- in particolare, con l’ultima Finanziaria, il Governo ha confermato il “patto di stabilità”, impedendo nuovamente ai Comuni di investire in opere pubbliche utili per lo sviluppo delle comunità ed efficaci anche contro la crisi, in quanto in grado di offrire lavoro a imprese edili ed aziende artigiane. Insomma, a migliaia di lavoratori.
- Il Governo ha fatto carta straccia del pronunciamento pressoché unanime del Parlamento che, un anno fa aveva votato un ordine del giorno proposto dal PD per l’allentamento dei vincoli del patto di stabilità dei Comuni.

Denuncia

che la Legge Finanziaria 2010

- ha tagliato pesantemente il fondo ordinario;
- non ha restituito ai Comuni quanto dovuto in seguito all’abolizione dell’ICI;
- ha bloccato ogni forma di autonomia impositiva;
- ha tagliato le risorse per la sicurezza, il fondo nazionale politiche sociali, le risorse per la scuola dell’obbligo, per lo sviluppo economico, per l’ambiente;
- non ha fatto un passo avanti in direzione di un vero e condiviso  “federalismo fiscale”.

Denuncia

altresì che se la maggior parte dei Comuni è stata colpita da questa manovra, alcuni Enti locali non hanno subito alcun danno nonostante la loro situazione di dissesto. Catania ha ottenuto 140 milioni, Roma 500 milioni, Palermo 160 milioni di euro, in barba a ogni criterio di efficienza e responsabilità. A Roma poi, sono stati concessi altri 80 milioni di euro entrati con lo “scudo fiscale”.

Esprime

la più decisa contrarietà a questa politica perché mette a rischio la possibilità per i Comuni di rispondere ai bisogni delle comunità locali. In particolare, in tanti piccoli Comuni, soprattutto nelle aree interne e montane, è ormai compromessa la possibilità di finanziare servizi essenziali e opere pubbliche urgenti e la possibilità stessa di chiudere i bilanci.

Richiama

il fatto che i Comuni sono l’ossatura del sistema istituzionale e rappresentano uno snodo fondamentale per contrastare la crisi, per modernizzare il sistema infrastrutturale, per garantire la coesione in una società sempre più complessa, per tutelare i diritti di cittadinanza.

Chiede

al Governo un deciso cambio di rotta, nella convinzione di condividere le preoccupazioni e lo stato d’animo della stragrande maggioranza dei Sindaci, di ogni orientamento politico, come dimostrano le prese di posizione e le iniziative promosse unitariamente nella nostra e in altre Regioni, dalle associazioni di rappresentanza dei Comuni.

E in particolare

sollecita

1) L’attuazione del federalismo fiscale così come previsto dalla Legge 42/2009, per accrescere l’autonomia finanziaria dei Comuni e, nel contempo, la responsabilità degli amministratori;
2) La modifica degli obiettivi e delle regole del patto di stabilità, per sostenere la spesa per investimenti, favorire politiche di coesione sociale e premiare i Comuni virtuosi;
3) La restituzione completa (e la rivalutazione) dell’ICI prima casa;
4) Il completo e puntuale versamento ai Comuni di tutte le somme riscosse con l’addizionale IRPEF;
5) Adeguati sostegni ai piccoli Comuni, con una più forte incentivazione della gestione associata di servizi e funzioni in capo alle Unioni di Comuni, con l’aumento del fondo per gli investimenti e il ripristino del Fondo nazionale della montagna;
6) Il completo reintegro del fondo per le politiche sociali;
7) Un intervento legislativo che – come stabilito dalla Corte costituzionale – riconosca la soppressione dell’IVA dalla Tariffa rifiuti (TIA) ma senza scaricare costi su Comuni, famiglie e imprese.

Il Gruppo Consigliare del Partito Democratico
segreteria@pdfidenza.it

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mar 302010
 

Premesso

- che la legge 30 marzo 2004 n. 92 istituisce  il 10 febbraio “giorno del ricordo” in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata;
- che dal 2005 sempre si è celebrata tale giornata in questa sede;

alla luce delle seguenti considerazioni

Trattato di pace della II guerra mondiale
Il 10 febbraio 1947 fu firmato a Parigi il trattato di pace fra gli alleati e le ex potenze dell’Asse che mise la parola fine alla II guerra mondiale: l’Italia cedeva alla Jugoslavia vincitrice Fiume, il territorio di Zara, gran parte dell’Istria, del Carso triestino e goriziano e l’alta Val Isonzo. In questo territorio avevano convissuto pacificamente in passato diversi gruppi nazionali, almeno sino alla I guerra mondiale.

Le foibe
Al termine del II° conflitto mondiale, il I° maggio 1945 alle 9.30 la IV Armata Iugoslava entrava in Trieste e Gorizia dal confine orientale e occupava l’intera Istria precedendo la II Divisione Neozelandese giunta il 2 maggio.
Durante i 40 giorni di occupazione i partigiani comunisti jugoslavi perpetrarono il più grande massacro di cittadini italiani non impegnati in operazioni militari dell’intera storia nazionale.
Il massacro ebbe fine il 9 giugno quando Tito e il comandante dell’VIII armata britannica generale Alexander tracciarono la linea di demarcazione Morgan; essa prevedeva due zone di occupazione – la A e la B – dei territori goriziano e triestino, confermate poi dal Memorandum di Londra del ’54 (tale linea definisce ancor oggi il confine orientale d’Italia).
Per troppo tempo la tragedia delle foibe è rimasta sotto silenzio, non comparendo mai sui libri di testo dei nostri giovani né divenendo oggetto di dibattito storico, tanto che solo pochi oggi sanno; essa è stata motivo di contrapposizione politica tra destra e sinistra specie nell’immediato dopoguerra, momento di estrema debolezza politica italiana, e per tutto il periodo della guerra fredda, senza mai emergere e divenire una questione nazionale.
Non vi fu una diffusa condanna e ciò non è imputabile a un solo partito; furono le Istituzioni del nostro Paese che, dopo una guerra di aggressione persa, optarono per il silenzio poiché il ricordo si sarebbe esteso ai delitti italiani in Istria e  Dalmazia nel corso dei venti anni del fascismo dal 1922 al 1943.
La destra ha usato il dramma delle foibe per i propri rancori anti-slavi e anticomunisti e per screditare la Resistenza addebitandole la responsabilità di quanto avvenuto; la sinistra ha cercato di dimenticare la tragedia affinché non si parlasse delle responsabilità del comunismo; i moderati preferirono evitare lo scontro con Tito, all’epoca capo di uno stato “revisionista” non più allineato con l’URSS.
Non è possibile  capire i processi storici ragionando nell’ottica esclusiva delle singole storie nazionali che rimanderebbe all’infinito una riconciliazione per una convivenza civile tra i popoli dell’Unione Europea.
La Slovenia fa parte dal 2004 della U.E. e festeggia dal 2005 il 15 settembre, entrata in vigore del trattato di Parigi, come festa nazionale con la denominazione “Festa dell’unione del litorale con la madrepatria”.
Le violenze di massa nei confronti principalmente di italiani furono opera dei partigiani di Tito. Esse avvennero in due ondate, la prima nell’autunno del 1943 dopo l’8 settembre in seguito all’armistizio dell’Italia con gli Angloamericani, la seconda, di maggior entità e ferocia, nella primavera del 1945 alla fine del conflitto. Furono colpiti militari della ex RSI, appartenenti all’apparato di polizia, rappresentanti dello Stato Italiano e i temuti partigiani italiani; durante 40 giorni furono incarcerati e eliminati l’intero comitato di liberazione nazionale di Trieste, nonché autonomisti fiumani antifascisti e in generale gli italiani che potevano costituire un ostacolo alla slavizzazione forzata e all’annessione del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia.
In definitiva vennero colpiti tutti coloro che non facevano parte dell’esercito di liberazione iugoslavo, anche gli antifascisti che avrebbero potuto mettere in discussione la pretesa di Tito di monopolio dell’antifascismo; riguardo quest’ultimo aspetto si può affermare che un movimento resistenziale rivoluzionario si stava trasformando in regime e ne fagocitava un altro. Secondo il Centro Studi Adriatici i morti furono 10.137 di cui 7000 infoibati. [N.B.: occorre ricordare che negli stessi giorni del ’45 avveniva in Slovenia nel bosco di Kocevije il massacro di 12.000 collaborazionisti slavi, domobranci (nazisti sloveni della difesa territoriale) e ustascia (fascisti cattolici croati). Le vittime totali del mattatoio balcanico dal ‘41 al ‘45 conseguenti alla guerra di aggressione italiana e alla contrapposizione fra partigiani comunisti, ustascia e cetnici (serbi monarchici ortodossi) furono circa 1.706.000].
La repressione anti-italiana fu attuata al semplice sospetto e nell’indifferenza per l’accertamento delle responsabilità personali, secondo modalità staliniste ormai presenti nella prassi degli organi di sicurezza dello stato iugoslavo appena costituito.
In queste zone durante le fasi finali del II° conflitto mondiale era in atto da parte dei titini una lotta che nel contempo poteva considerarsi  sia guerra di liberazione e di affermazione nazionale, sia guerra civile e rivoluzione; essa si affermò coi modi delle rivoluzioni, col bagno di sangue, sangue italiano poiché italiana era la metà della popolazione e la grande maggioranza degli abitanti dei centri urbani e perché italiana era l’ostilità al progetto di annessione alla Jugoslavia comunista.
Si stagliò il ruolo egemonico del partito comunista iugoslavo sul movimento resistenziale, partito che già nel ’42 aveva abbandonato le posizioni internazionaliste e si stava indirizzando verso un esasperato nazionalismo; esso non ammise nessun altro soggetto politico autonomo concorrente, da cui la divisione fra “i nostri” e gli “altri” che costituì il criterio guida delle politiche repressive nei confronti dei nemici del passato, gli occupatori, i nemici del presente, gli oppositori al movimento di liberazione, nonché i nemici del futuro, i soggetti che potevano diventare pericolosi per il consolidamento del regime comunista.

L’esodo
Dopo il Trattato di pace di Parigi del 10-02-1947 sino a fine anni ’50 circa 250.000 italiani, la metà degli abitanti dei territori interessati, abbandonarono le terre istriane stabilendosi nei campi profughi di tutta la penisola italiana. I profughi dell’Istria pagarono la sconfitta dell’Italia nella II guerra mondiale e le scelte dissennate del ventennio fascista.
Ciò comportò la scomparsa totale del gruppo nazionale italiano da alcune delle sue regioni di insediamento storico, spezzando una continuità che durava dall’epoca della romanizzazione.
Fu un esodo a tappe i cui picchi seguirono al Trattato di Pace di Parigi (’47) e al Memorandum d’Intesa di Londra (5-10-’54) sottoscritto dai governi di Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Jugoslavia concernente il territorio libero di Trieste, coi quali furono decise le sorti della Venezia Giulia.
Gli esodi di massa e l’abbandono di ogni proprietà, non arrestabili nemmeno dalla dichiarazione italiana dell’impossibilità di accogliere simile moltitudine,  avvennero quando le popolazioni italiane furono ben consce che il potere iugoslavo era diventato definitivo e senza più speranza di cambiamento.
Da parte iugoslava non vennero promulgate leggi espulsive ma lo spaesamento, cioè il sentirsi straniero in patria, causato dall’elevatissima pressione ambientale, dalla paura delle foibe, dal sovvertimento delle gerarchie tradizionali (considerata la pregressa egemonia italiana), dalla perdita di punti di riferimento culturali importanti come gli insegnanti e i sacerdoti, dal peggioramento delle condizioni di vita, dalla necessità di servirsi di una nuova lingua, dalla constatazione dell’impossibilità di mantenere la propria identità nazionale nelle condizioni offerte dallo stato iugoslavo, indussero la maggior parte della popolazione italiana a scegliere l’Italia Repubblicana di De Gasperi.
Così si espresse con chiarezza nel 1967  Theodor Veiter: “La fuga degli Italiani secondo il moderno diritto dei profughi è da considerare una espulsione di massa. Colui che non fuggendo dalla propria terra, si troverebbe esposto a persecuzioni di natura personale o politica, etnica, religiosa o economica, o verrebbe costretto a vivere in un regime che lo rende senza patria nella propria patria d’origine, non compie volontariamente la scelta dell’emigrazione , ma è da considerarsi espulso dal proprio paese”.
Per comprendere ciò che è avvenuto bisogna contestualizzare storicamente la tragedia, non per giustificarla poiché nessun rancore storico o spirito di vendetta può giustificare ciò che avvenne e il modo in cui avvenne. Ugualmente non si può comprendere il bombardamento di Dresda del febbraio 1945 da parte degli Alleati (25.000 vittime civili) se non si conoscono i precedenti bombardamenti di Londra da parte della Luftwaffe; non si può comprendere Hiroshima e Nagasaki se non si conoscono gli antefatti (Pearl-Harbor e guerra nel Pacifico). Occorre sottolineare che la necessaria individuazione di contesti che spieghino gli accadimenti nulla toglie alla gravità e rilevanza di questi ultimi. Noi siamo qui oggi per onorare e ricordare le vittime, ma anche per identificare il male e condannarlo.

La I guerra mondiale
L’Italia vincitrice della I guerra mondiale (1918) concluse il processo di unificazione nazionale inglobando con l’annessione del gennaio 1921, dopo tre anni di occupazione militare, mezzo milione di slavi residenti in Venezia Giulia (i cosidetti “allogeni”- contrapposti agli autoctoni – erano composti secondo il censimento del 1910 da 327.000 sloveni e 152.000 croati). Queste terre assieme a Zara e al Sud-Tirolo (200.000 tedeschi) erano state promesse all’Italia col patto di Londra dell’aprile 1915 stipulato con gli alleati prima dell’entrata in guerra.

Il fascismo al confine orientale
Dopo la conquista del potere nel ’22 il fascismo si fece violenza di stato e ebbe l’obiettivo prioritario di distruggere l’identità nazionale delle popolazioni slovene e croate facenti ormai parte dello stato italiano dopo la vittoria del 1918.
La spirale di odio fu teorizzata da Mussolini nel 1920 in un discorso a Pola, quando ancora non era Duce: “Di fronte ad una razza come quella slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone”.
In primis si impedì l’uso pubblico delle lingue slovena e croata con l’abolizione della stampa slava, con la soppressione per mezzo della riforma Gentile nel ’23 dell’insegnamento in lingua slovena e croata, con la chiusura dei circoli culturali; la legge del 10 gennaio 1926 prevedeva che si dovevano “restituire” i cognomi in forma italiana e si affidò l’esecuzione pratica della norma emanata al Pnf (Partito nazionale fascista); alla fine del ’28 vennero dichiarati fuorilegge tutti i partiti politici e tutta la stampa periodica; iniziarono poi le persecuzioni nei confronti dei punti di riferimento per le comunità nazionali slovene e croate (preti, maestri, capi villaggio), si liquidò il tessuto cooperativo e creditizio slavo; la borghesia venne sostituita da uomini nuovi di provata fede italiana sia negli uffici pubblici che nelle professioni.
Lo stato dittatoriale si avvalse dei sistemi di polizia con innumerevoli provvedimenti di ammonizione e confino, carcerazioni, condanne a morte comminate dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato; venne creato “ad hoc” sul finire degli anni Venti l’Ispettorato speciale del Carso guidato dal fascista Emilio Grazioli per il controllo capillare dell’area periferica urbana; dopo la pacificazione tra regime e Chiesa con la firma del Concordato vennero allontanati nel 1931 l’arcivescovo di Gorizia Francesco Borgia Sedei e nel 1936 il vescovo di Trieste-Capodistria Luigi Fogar, rei di aver difeso il diritto degli sloveni e croati all’uso della loro lingua almeno nella sfera religiosa.
Il governo italiano il 14 agosto 1931 istituì l’Ente per la rinascita agraria delle Tre Venezie col compito di espropriare le terre in possesso degli “allogeni” e cederle ad agricoltori italiani ex combattenti della guerra 15-18 o a fascisti. Il regime, in sintesi, cercò di realizzare in Venezia Giulia un programma di distruzione integrale della identità nazionale slovena e croata.

La II guerra mondiale
Il 6 Aprile 1941 le forze dell’Asse aggredirono la Jugoslavia senza dichiarazione di guerra e la II Armata Italiana in pochi giorni giunse a Lubiana; la provincia di Lubiana, una parte della Dalmazia e il Montenegro furono annesse al Regno d’Italia; il 18 maggio Aimone di Savoia diventò re di Croazia con l’ustascia Ante Pavelic primo ministro.
La resistenza da parte della popolazione e del movimento partigiano indusse il nostro Stato Maggiore ad una violenta repressione: fucilazione di ostaggi, deportazione forzata dei familiari dei ribelli, distruzione di interi paesi. Il generale Mario Roatta comandante della II Armata Italiana in Slovenia e Dalmazia (Supersloda) aveva diramato nel marzo ’42 la Circolare 3C che dettava alle nostre truppe la condotta da seguire: “… il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula dente per dente ma bensì da quella testa per dente”.  Mussolini così si rivolse alle nostre truppe in Montenegro comandate dal generale Pirzio Biroli: “So che siete buoni padri di famiglia, questo va bene a casa ma non qui; qui non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori”.
Nel solo territorio sloveno tra il giugno ’41 e il gennaio ’45 furono internate 70.000 persone su una popolazione di 360.000, di queste 15.000 persero la vita. Una moltitudine di prigionieri dell’ex esercito iugoslavo e civili, compresi donne, vecchi e bambini, arrestati durante le operazioni antipartigiane fu deportata nei 200 campi di internamento e lavoro costituiti nel 1941 in territorio italiano, sloveno e croato, gestiti dal Ministero dell’Interno e dal Regio Esercito, tra cui i principali: Gonars (comune in provincia di Udine in cui da documenti ufficiali ecclesiastici risultano reclusi nell’agosto ‘43 n.4503 persone in maggioranza donne e bambini), Arbe (Rab in Croato) con 4000 deceduti di stenti, Visco, Monito, Chiesanuova, Renicci, Ellera, Colfiorito, Pietrafitta, Tavernelle, Cairo Montenotte. Nel castello di Scipione di Salsomaggiore, gestito dal Ministero degli Interni, furono internati sino all’8 settembre ’43 numerosi civili iugoslavi deportati dalle loro terre. Ulteriori informazioni possono essere desunte sia dal documentario della BBC “Fascist legacy” trasmesso l’1 e 8 novembre del 1989 in Gran Bretagna, acquistato dalla RAI nel 1991 ma mai mandato in onda, sia dal libro “L’olocausto rimosso” della storico americano Michael Palumbo, edito da Rizzoli.Occorre inoltre ricordare i crimini nazisti quando quelle zone passarono dopo l’8 settembre 1943 all’amministrazione diretta del Reich con la denominazione “Adriatisches Kuestenland” (territorio del litorale adriatico).
La memoria va allora alla Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio in Italia, e ai 72 ostaggi impiccati  in via Ghega a Trieste come rappresaglia a un attentato partigiano avvenuto a  Opicina. Ricordiamo i crimini degli ustascia del governo fascista collaborazionista di Ante Pavelic in Croazia: basti pensare al lager di Jasenovac (vicino Zagabria) ove trovarono la morte 500.000 serbi, 200.000 zingari e 32.000 Ebrei.

Considerando tutto ciò, il Consiglio Comunale di Fidenza

- esprime cordoglio per le vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e dell’aggressione italiana alla Jugoslavia;

- condanna ogni tipo di violenza perpetrata in nome del nazionalismo;

- impegna la giunta a inviare l’ODG agli Istituti Scolastici Superiori di Fidenza.

Luigi Toscani
ltoscani@pdfidenza.it

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mar 302010
 

Il sottoscritto Luigi Toscani, consigliere del gruppo PD,

Constatato

- che il torrente Stirone sulla sponda sinistra in località C.Rossi (Strada comunale del Carretto)  ha eroso circa 200 m. di argine e terreno agricolo (non golenale) per circa 3000 mq.;
- che l’azione erosiva delle acque minaccia ormai il traliccio dell’alta tensione posto nei pressi;
- che lo stesso torrente sulla sponda destra, in corrispondenza di via Illica prima del ponte stradale, ha eroso la golena dove sorgono opifici,

Interpella

La giunta per conoscere quali iniziative sono state intraprese presso gli enti preposti alla manutenzione e sistemazione delle opere idrauliche al fine di rimediare al predetto dissesto idro-geologico.

Si richiede risposta scritta.

Luigi Toscani
ltoscani@pdfidenza.it

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mar 272010
 

Premesso che

- la Bormioli Rocco spa è la più importante realtà industriale e produttiva del territorio fidentino;
- da decenni centinaia di famiglie fidentine trovano nell’industria del vetro l’opportunità di lavoro in grado di dare tranquillità economica e benessere;
- il settore del vetro ha generato nel tessuto fidentino e nei comuni limitrofi un indotto composto da aziende di trasporto, di manutenzione, di fornitura;
- le numerose famiglie impegnate nel ciclo produttivo e amministrativo della Bormioli Rocco concorrono ad assicurare la vitalità della rete dei servizi alla persona, del commercio al dettaglio, dei servizi sportivi, ricreativi e culturali;  del sistema scolastico Statale e paritario

constatato che:

- il nuovo piano industriale proposto dalla proprietà della Bormioli Rocco oltre  a prevedere l’uscita dal ciclo produttivo di personale non è ancora in grado di assicurare un futuro certo per l’azienda;
- agli ipotizzati 76 lavoratori in esubero vanno considerati gli effetti diretti ed indiretti che tale riduzione avrà sul sistema economico e sociale fidentino;
- l’amministrazione comunale, unitamente all’amministrazione provinciale, ha prontamente riattivato  il tavolo di crisi per supportare azienda e lavoratori nella fase di definizione di un piano industriale che assicuri un reale rilancio della capacità produttiva dell’industria del vetro fidentina;
- non è più ipotizzabile l’utilizzo dello strumento urbanistico, se non sia funzionale allo sviluppo dell’ azienda, per assecondare esigenze industriali;
- è necessario impegnare regione e governo in una azione di sostegno alla crisi del settore del vetro;
- il confronto tra azienda e rappresentanze dei lavoratori deve giungere alla definizione di un accordo che sia una reale prospettiva di rilancio della azienda e pertanto che ne tocchi gli aspetti strutturali e non sia un mero rinvio del problema;

tutto ciò premesso e constatato il consiglio comunale si impegna,

per quanto di sua competenza,

- a non assecondare, dal punto di vista della programmazione,  nessuna operazione dell’assetto logistico e immobiliare che riguardi proprietà o attività della Bormioli Rocco che non sia funzionale all’attuazione di un piano industriale di medio lungo periodo realista e condiviso;
- a sostenere le variazioni di bilancio che si renderanno necessarie per implementare le risorse comunali destinate al fondo anticrisi già previsto dall’amministrazione comunale d’intesa con le organizzazioni dei lavoratori;

ed impegna la giunta a:

- proseguire nell’azione di monitoraggio della situazione attraverso la partecipazione al tavolo di crisi che consenta di mantenere una vigile attenzione sulle prospettive future;
- sollecitare l’intervento della regione e del governo affinché il superamento della crisi della Bormioli Rocco divenga obbiettivo regionale e nazionale quale è la portata dell’azienda;
- adottare tutte le azioni necessarie per ridurre gli effetti sociali che comporteranno le determinazioni che, anche in via transitoria, potrà assumere la Bormioli Rocco;
- monitorare gli effetti che la ristrutturazione aziendale in corso potrà avere sul sistema dell’indotto proponendo gli interventi che riterrà utili;
- verificare il livello di utilizzo del fondo anticrisi adottato dall’amministrazione comunale e prevedere una sua eventuale  implementazione;

con tali impegni il consiglio comunale intende:

- esprimere a tutte le lavoratrici ed i lavoratori della Bormioli Rocco, e delle altre realtà produttive fidentine colpite dalla crisi economica, la propria vicinanza e solidarietà.
- manifestare al sistema delle imprese la propria disponibilità ad adottare i provvedimenti necessari, per i quali ha competenza, atti ad un rilancio serio e duraturo delle imprese e della loro capacità produttiva.

Il Gruppo Consigliare del Partito Democratico
segreteria@pdfidenza.it

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mar 252010
 

Il sottoscritto Roberto Bacchini, consigliere del gruppo PD

Considerato

che il 25 Febbraio scorso ricorreva il 50° anniversario della partecipazione di Fidenza alla trasmissione televisiva Campanile Sera e per chi ha (purtroppo) una certa età e ha potuto vivere quell’avvenimento, rimane il ricordo indelebile di una città assolutamente unita, senza nessuna divisione, neppure politica, per dare un’immagine positiva di Fidenza a tutta l’Italia.
Che si trattasse di un’occasione importante per la storia di Fidenza, l’aveva sottolineato anche il Sindaco Cantini in campagna elettorale, indicandola tra le caratteristiche della sua borghigianità in contrasto con la parmigianità dell’altro candidato.
Però l’anniversario è passato sotto assoluto silenzio. Soltanto il quotidianoonline “Il Giornale di Fidenza.net” ne ha fatto un servizio con testo e fotografie per ricordarlo.

Chiedo

pertanto al Sindaco se il silenzio dell’Amministrazione è dovuto a:
- dimenticanza
- considerazione irrilevante dell’avvenimento
- presenza nell’avvenimento di 50 anni fa di ex consigliere comunale di altra parte politica.

In attesa di risposta, anche scritta, porgo distinti saluti.

Roberto Bacchini
rbacchini@pdfidenza.it

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mar 122010
 

Il sottoscritto Roberto Bacchini consigliere del PD

Considerato

che negli ultimi mesi del 2007, Fidenza Sport srl, in accordo con la precedente Amministrazione, aveva provveduto a realizzare, all’interno del Centro sportivo Ballotta, un campo da calcio e due campi da calcetto in materiale sintetico.
Questo per consentire alle squadre giovanili, amatoriali e dilettantistiche della città di svolgere regolarmente l’attività anche nei periodi invernali e con condizioni metereologiche avverse.
A poco più di due anni dalla realizzazione della struttura,si può affermare che,soprattutto per quanto riguarda il campo da calcio, i risultati sono estremamente positivi ed hanno superato le più rosee previsioni.
Infatti , il campo, oltre ad aver ospitato molte partite delle squadre della città,si sta caratterizzando come polo per tutto il territorio provinciale. Solo a titolo esemplificativo, il “Ballotta” ha fatto da stadio di casa a Pallavicino (Busseto), Salsomaggiore, San Secondo, Soragna, Colorno, Fontanellato, Berceto ed altre, riscuotendo giudizi positivi anche dal pubblico di queste squadre.
L’unica critica che ci rivolgevano, era la mancanza di una tribuna, che consentisse una visione della partita degna della qualità del  campo sul quale si svolgeva. La tribuna, in effetti, era prevista nel progetto iniziale, tant’è che è già stato costruito il basamento sul quale appoggiarla. Al proposito si

Interpella

la Giunta e l’Assessore competente per conoscere se vi è la volontà di realizzare tale opera e in quali tempi.

In attesa di risposta, anche scritta, porgo distinti saluti.

Roberto Bacchini
rbacchini@pdfidenza.it

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gen 292010
 

Il sottoscritto Davide Malvisi del gruppo consigliare del Partito Democratico, fortemente preoccupato per il nuovo episodio di malvivenza avvenuto ieri ai danni di un tabaccaio e constatando i continui episodi di criminalità e violenza che si stanno susseguendo ultimamente e cito solo alcuni esempi nel mese di gennaio:

29/01/2010 – Tabaccaio derubato
24/01/2010 – Furto nella notte ai danni del bar Spiga D’oro
23/01/2010 – Violenze di un uomo ubriaco al Tennis Club
21/01/2010 – Furto in un negozio del Fidenza Village
14/01/2010 – Furto alla COMET Shopping Village
12/01/2010 – Tentato furto in una casa privata a Castione
11/01/2010 – Tentato furto all’Oviesse
11/01/2010 – Furto a Villa Ferro
09/01/2010 – Due bar ripuliti dai ladri e furto della bicicletta del parroco
03/01/2010 – In frantumi una vetrina di via Cavour.

Preso atto di articoli sui vari quotidiani in cui si proclamava l’aumento del numero di forze dell’ordine che presidiavano la nostra città, con particolare riferimento alla riorganizzazione e all’aumento di vigili urbani per Fidenza.
Viste le pesanti critiche rivolte alla riorganizzazione del corpo unico delle Terre Verdiane dal vice presidente del consiglio della regione Emilia Romagna Villani con comunicato stampa del 25 gennaio 2010.

Con la presente sono a richiedere:

1) Se effettivamente le critiche mosse dal vice presidente del consiglio della regione hanno un fondamento
2) Un aggiornamento sul numero di operatori e sui turni che vengono svolti nel nostro territorio
3) Se come annunciato in una conferenza stampa del giorno 13 novembre alla presenza dell’assessore Carancini, il numero di agenti è stato potenziato e se effettivamente i vigili sono in servizio sino all’una di notte.
4)Se tutto quanto promesso dall’assessore Carancini si è realizzato quali altre iniziative questa amministrazione pensa di mettere in atto per arginare il problema di criminalità e microcriminalità sempre presente a Fidenza.

Davide Malvisi
dmalvisi@pdfidenza.it

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gen 222010
 

Il sottoscritto Luigi Toscani consigliere del Gruppo Consigliare PD,

premesso

- che  tra gli obiettivi dell’Amministrazione vi sono  la realizzazione del viale di accesso a via Marconi dallo svincolo intermedio della tangenziale e l’ampliamento del parcheggio di via Marconi;
- che l’uscita attuale dalla tangenziale, per chi vuole recarsi a Fidenza o alla frazione di Bastelli (provenendo sia da Parma che da Piacenza), è problematica per l’insufficiente segnaletica verticale;
- che altrettanto problematica per la stessa motivazione è l’entrata in tangenziale, direzione Parma, per coloro che provengono da Bastelli, una volta attraversato lo Stirone col ponte Sigerico;
- che la previsione di attuazione dei progetti era per il 2009;

chiede

al signor Sindaco perché l’Amministrazione non considera prioritari gli interventi in oggetto, avendo deciso  per uno slittamento temporale della loro attuazione.

Luigi Toscani
ltoscani@pdfidenza.it

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gen 222010
 

 

La sottoscritta Martina Canella, membro del Gruppo Consiliare del Partito Democratico,

PREMESSO

- che la Sezione distaccata di Fidenza, del Tribunale di Parma, è competente per 15 Comuni della Provincia di Parma;
- che la presenza nel nostro Comune di detta sezione del Tribunale costituisce un’importante risorsa territoriale, tanto dal punto di vista giurisdizionale tanto da quello socio-economico;
- che sono sempre più frequenti ed allarmanti le notizie riguardanti la chiusura di tale sezione;
- che detta eventualità aggraverebbe, anche, la situazione già difficile del Tribunale di Parma;
- che uno dei motivi di tale possibile decisione è la carenza ed inadeguatezza logistica della sede presso la quale la Sezione di Fidenza del Tribunale è alloggiata;

CONSIDERATO

- che con sentenza n. 340 del 30 dicembre 2009 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, del D.l. n. 112/2008 (convertito con Legge n.133/2008), in quanto, tale disposizione si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, invadendo illegittimamente l’ambito di competenza legislativa delle Regioni in materia di governo del territorio;
- che su tale norma si fondava la deliberazione n. 51 del 21 dicembre 2009, con la quale la maggioranza di questo Consiglio Comunale ha approvato il “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari”, che classificherebbe come patrimonio disponibile la sede dell’ ”ex-Liceo classico”.

Tutto ciò premesso e considerato, interpella il Sindaco e la Giunta, affinché:

a) si interessino presso i soggetti competenti, al fine di verificare la fondatezza delle notizie riguardanti la chiusura della Sezione distaccata di Fidenza, del Tribunale di Parma;
b) operino per porre in atto tutto quanto necessario per scongiurare una tale evenienza;
c) individuino nella sede dell’ “ex-Liceo classico” la futura sede del Tribunale di Parma – Sezione  distaccata di Fidenza, riconoscendo in tal modo all’edificio la sua “naturale” destinazione, anche nel rispetto delle finalità che la nostra comunità gli ha conferito in passato.

Si richiede cortesemente anche risposta scritta.

Martina Canella
mcanella@pdfidenza.it

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