di Franco Amigoni
La gente forse non si è resa ancora conto del tutto del rischio enorme che abbiamo corso a maggio 2014. Se avesse vinto Gabriele Rigoni, e fosse diventato sindaco si sarebbe trovato per esempio nella scomodissima posizione di dire di no ad un albergo (quello ormai famoso dietro il Dea Luna) perchè non gli piaceva. Motivazione ineccepibile, direi …
Qualche giorno fa il Dottor Rigoni Gabriele, sempre pronto a perdere il suo tempo prezioso sulla fuffa, ha postato il seguente messaggio: “#Fidenza riparte dabon…venerdì il consiglio comunale ha autorizzato un hotel 3 stelle posizionato nella zona artigianale dietro il Dea Luna giudizio estetico personale…ecco direi che non potrà essere candidato ad essere patrimonio dell UNESCO. In variante al vecchio prg e prima di autorizzare il nuovo psc. La fondamentale giustificazione addotta dai colleghi pd in maggioranza è che la possibilità di farlo era già prevista dal prg vecchio e resterebbe anche nel nuovo psc e che non si può frenare lo sviluppo economico… (3/4 posti di lavoro 4, forse, meno quelli che perdono gli alberghi in centro però. .). Che ne pensano gli amici albergatori e gli amanti delle belle cose? Vedete voi una strategia ben studiata, un disegno che io non vedo, sotto a queste varianti edilizie? Se non si possono fare scelte politiche strategiche di indirizzo sui piani presentati dai tecnici perché ci si fa votare per andare in consiglio comunale?”. Rigoni ha poi sentito il dovere etico sinfonico di aggiungere: “ma vorrei che in molti sapessero che cosa viene autorizzato e quale sia la capacità strategica di questi amministratori…guardatevi il consiglio…è illuminante dovrebbero trasmetterlo nelle scuole…”
Mi duole perdere il mio tempo molto meno prezioso del suo, ma mi tocca, perchè alcune precisazioni sono doverose, per facilitare Gabriele Rigoni a parlare di fatti, ogni tanto, e non solo di fuffa:
1. La previsione di comparto tecnico distributivo era già contenuta nel PRG del 1995, ed è stata riconfermata nel Piano Strutturale di Cantini.
2. già nel 2012, in vigenza del PRG 1995, poichè la previsione di comparto tecnico distributivo era generica e non specifica per il comparto alberghiero, e poichè mancavano 87 metri quadrati su 914 di superficie lorda ammissibile, la società ha richiesto come da normativa la convocazione di una Conferenza di Servizi per valutare comunque la compatibilità dell’insediamento in relazione agli aspetti igienico sanitari ed ambientali della zona. Dopo alcuni approfondimenti, il 10 dicembre 2013 la Conferenza di Servizi ha esaminato le integrazioni richieste alla società, non ha rilevato motivi ostativi alla realizzazione dell’intervento.
3 La richiesta di modifica delle norme tecniche del Piano regolatore 1995 per poter specificare “comparto ricettivo alberghiero” e per poter aggiungere 87 metri e giungere ai 914 necessari è stata depositata tra il 9 luglio 2014 ed il 7 settembre 2014. Durante questo periodo di deposito e possibile spazio per osservazioni pubbliche, nessuna osservazione è arrivata al Comune, nè da semplici cittadini nè tantomeno dal Signor Rigoni.
4. Qualora, dopo tutti questi passaggi regolari e normativamente corretti, il Consiglio avesse bocciato e rifiutato il progetto, avrebbe prestato il fianco ad ogni genere di ricorso e richiesta di rimborso, cosa che avrebbe determinato molto probabilmente una spesa non prevista sia di carattere legale che per avere impedito senza motivo ad un privato lo svolgimento della sua attività
5. i motivi ostativi non possono essere, come qualcuno sembra credere dalla lettura degli interventi, di carattere legato alla struttura economica e alla distorsione della concorrenza. Siamo in un paese libero. Se uno vuole aprire un Albergo, e sussistono tutte le condizioni urbanistiche, igienico sanitarie e ambientali, deve poterlo fare senza aggravi burocratici. Si chiama appunto libera concorrenza, e democrazia. Non si può dire, insomma, “non ti lascio aprire un albergo a fidenza perchè a mio avviso ce ne sono già troppi a salso. Non è questo il compito della pubblica amministrazione, a meno di trovarsi in Bulgaria negli anni 70. 6. il fatto che il progetto sia “bello” o “brutto”, poi, è talmente personale e soggettivo che non entro nel merito.
“Fidenza è una grande porta per l’Expo su un territorio, quello delle Terre Verdiane, in cui si producono alcune delle perle del made in Italy agroalimentare, dal Parmigiano-Reggiano al Culatello. Un ruolo che ci è stato riconosciuto dalla Regione Emilia-Romagna anche col nuovo servizio ferroviario che aumenterà le corse fidentine da e per Milano”.
E’ il commento del sindaco di Fidenza, Andrea Massari sul progetto da 870.000 euro che la Regione ha varato per tutta la durata dell’Expo, dal 1° maggio al 31 ottobre, mettendo a disposizione locomotori nuovi di zecca.
“Fidenza potrà connettersi con Milano con 5 fermate extra rispetto a quelle programmate sul normale orario ferroviario – spiega Massari -.
Tre treni in andata (8.31, 14.29 E 18.29) e due di ritorno (13.28, 17.28) renderanno ancora più facile per cittadini e imprese raggiungere Milano – continua il Sindaco -: chi vorrà vivere gli eventi Expo potrà farlo senza la preoccupazione di doversi incastrare con gli orari dei mezzi pubblici, sapendo che tra nuove corse e quelle che sono già parte dell’orario 2015 sarà davvero a portata di mano il viaggio anche nella fascia tardo serale/notturna. Un fatto estremamente positivo perché tanta parte del successo di Expo si giocherà sulla facilità degli spostamenti per raggiungere gli eventi in programma nel corso dell’esposizione mondiale. Con le corse extra che sono state attivate, Fidenza conferma il suo ruolo di realtà che sa parlare di progetti concreti con tutti i livelli delle istituzioni e che vuole dare forza ad opportunità di crescita per tutta l’area vasta. Per questo, desidero ringraziare il presidente Stefano Bonaccini e l’assessore Raffaele Donini”.
di Franco Amigoni
Visto che l’opposizione, e in particolare Rete Civica, continua a insistere sulla riduzione delle spese, approfitto per menzionare cosa abbiamo fatto sinora su questo tema, anche rispetto ad alcune voci della gestione dell’Amministrazione precedente:
1• non c’è più il Direttore generale (costava 139.000 euro all’anno)
2• non c’è più il Dirigente dei Lavori Pubblici (costava circa 100.000 euro all’anno)
3• il Segretario Generale lo condividiamo con altri comuni, spendendo 28.000 euro/anno (prima erano circa 153.000 euro)
4• per la gestione del personale abbiamo un bravissimo professionista che condividiamo con altri Comuni e ci costa 16.000 euro all’anno (prima erano 62.000 euro/anno)
5• Il famoso staff del sindaco con Cantini è costato 165.985 euro nel 2013. Oggi costa circa la metà.
In totale, stiamo parlando di 485.000 (quasi mezzo milione) euro risparmiati all’anno, frutto di una precisa scelta strategica finalizzata al contenimento dei costi maturata in questi mesi e penso largamente condivisa dai cittadini.
Siccome tutti abbiamo letto, fra l’altro, che agli ex amministratori è stato chiesto di restituire la somma indebitamente percepita (in violazione delle norme vigenti) sulle indennità nella passata legislatura, Rete Civica e gli altri potrebbero condividere quella che sarà la nostra proposta: destinare quei soldi al reinvestimento a favore dei cittadini su progetti virtuosi e mirati.
di Michael Braun, Die Tageszeitung (da Internazionale 1089)
Oggi è di nuovo lecito provare orrore, almeno per un paio di giorni.
Per l’ennesima volta Lam-pedusa si è trasformata nell’obitorio dell’Europa, per l’ennesima volta il sogno di una vita migliore è stato pagato con la morte. Ma il sentimento di orrore si esaurirà presto, e c’è da temere che non avrà alcuna conseguenza.
Fino a qualche mese fa sembrava che nel dibattito sulla politica europea in materia di rifugiati si stesse muovendo qualcosa. Anche in Germania c’era chi chiedeva il prolungamento dell’operazione di salvataggio umanitario Mare nostrum e si parlava di una politica di accoglienza coordinata a livello europeo. Ma poi, senza fare troppo rumore e senza attirare troppa attenzione, a novembre l’Italia ha sospeso l’operazione Mare nostrum. Così il dibattito europeo è tornato al punto di partenza: un ping pong tra i due poli dell’“emergenza profughi” e delle “catastrofi dei rifugiati”.
Le emergenze profughi scoppiano puntualmente quando “ne arrivano troppi”, quando sugli schermi televisivi scorrono le immagini dei centri d’accoglienza sovrafollati. Allora il primo riflesso è sempre il rifiuto. Del resto l’interruzione di Mare nostrum ha fatto contenti anche molti governi europei, convinti che un’operazione di salvataggio sistematico faccia in realtà da “calamita”, come è stato più volte ripetuto.Ma i naufragi continuano a ripetersi con sconcertante regolarità.
L’operazione Mare nostrum era stata un grande passo avanti, perché il suo scopo non era la difesa delle frontiere ma il salvataggio dei migranti. Ma questo cambiamento di prospettiva è durato solo un anno. Ora tutti provano di nuovo orrore, ma è una reazione ipocrita: sono state l’Italia e l’Europa a voltare le spalle ancora una volta ai rifugiati, e a fare in modo che il Mediterraneo continui a essere una fossa comune.
Il Municipio e palazzo Porcellini abbassano le luci in favore del risparmio energetico. Il Comune di Fidenza aderisce, infatti, a “M’illumino di meno”: l’undicesima Giornata del risparmio energetico. “M’illumino di meno” intende dimostrare come il risparmio energetico sia una possibilità concreta che può essere messa in atto da chiunque, dalla quale si può attingere per far fronte ai problemi energetici del nostro Paese.
Quest’anno l’iniziativa, lanciata da Caterpillar-Radio Due con l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e della Presidenza della Repubblica e l’adesione di Senato e Camera dei Deputati, si terrà venerdì 13 febbraio alle ore 18.38. Per l’occasione il Comune abbasserà le luci del Municipio e di Palazzo Porcellini e inviterà le scuole a visitare gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che si trovano sul nostro territorio.
“In occasione della Giornata del Risparmio energetico non vogliamo limitarci solo a un gesto simbolico, abbassare le luci, ma vogliamo cogliere l’opportunità di far crescere una consapevolezza del valore del risparmio energetico e della produzione di energia da fonti rinnovabili, invitando le scuole a visitare gli impianti del territorio per favorire nei ragazzi una cultura sempre più forte del rispetto dell’ambiente, che si realizza anche attraverso un uso corretto delle risorse di cui disponiamo” spiega l’assessore all’Ambiente, Giancarlo Castellani.
Il coinvolgimento delle scuole nell’iniziativa rientra nel grande progetto di Educazione Sostenibile lanciato dal Comune di Fidenza, città da sempre all’avanguardia nella difesa dell’ambiente e nell’innovazione dei servizi dedicati. Uno dei grandi temi al centro del progetto è proprio il risparmio energetico, visto come valorizzazione delle risorse naturali e incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili. Destinatari del progetto sono principalmente i ragazzi perché l’educazione alla salvaguardia dell’ambiente deve divenire una cultura condivisa e un testimone da passare alle nuove generazioni.
“Il Comune di Fidenza estende l’attività di soccorso organizzata per la scorsa notte, garantendo il trasferimento delle persone in difficoltà in albergo per tutto il tempo necessario fino al ripristino dell’energia elettrica. La notte scorsa circa 600 utenze di Fidenza sono rimaste senza corrente elettrica. Enel continua a lavorare per riportare l’energia dopo 30 ore di black out che ha colpito 9.000 utenze in tutta la provincia di Parma, 20.000 nel reggiano e via crescendo fino al bolognese. Enel confida di ripristinare tutto entro sera, almeno nella grande maggioranza delle zone interessate dalla mancanza di energia”.
Lo rende noto il sindaco di Fidenza, Andrea Massari, chiedendo anche oggi ai media e ai cittadini – utilizzando la comunicazione istituzionale e la sua pagina facebook – di diffondere la notizia affinché siano segnalati casi rimasti isolati e in stato di bisogno (famiglie, bambini, anziani, malati, disabili, ecc.) a causa del black out che è perdurato per buona parte del giorno e per tutta la notte in alcune frazioni di Fidenza e in tutta la fascia collinare.
Per attivare i soccorsi e il trasferimento in albergo, il primo cittadino invita a contattare la centrale operativa della Polizia Municipale (0524.205011) oppure il numero verde 800.451 451.
All’appello lanciato ieri sera dal Sindaco per mappare i casi più critici o le zone sparse ancora al buio, hanno risposto tantissimi fidentini, anche sui social con commenti e condivisioni, che hanno favorito la diffusione dei numeri da chiamare in caso di necessità.
di Andrea Massari, Sindaco
In questa sala consiliare, in questa seduta straordinaria e monotematica di una libera Assemblea democratica, sento l’emozione di essere riuniti esattamente 70 anni dopo l’ingresso dei soldati dell’Armata Rossa nel campo di Auschwitz. 70 anni in cui il mondo libero ha dovuto confrontarsi con l’Orrore e le sue cause e imparare ad attribuire un significato vero alla parola “memoria”.
Una memoria da custodire anche nel nostro territorio e nella nostra provincia, perché nel nostro territorio e nella nostra provincia gli ebrei e i dissidenti anti fascisti hanno subito le stesse malversazioni, le stesse crudeltà viste in tutto il Paese.
Con la promulgazione delle leggi razziali anche gli ebrei di Parma furono allontanati dalle scuole pubbliche, dalle università, dagli impieghi statali, dagli incarichi politici; fu loro vietato di esercitare ogni libera professione, di possedere beni mobili e immobili, di assumere domestici “ariani”.
Scrive l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma: “Il “Corriere Emiliano”, in un articolo del 13 ottobre, dava notizia dell’espulsione dall’Università di Parma di quattro professori ebrei. Alcuni studenti furono costretti a trasferirsi alla scuola ebraica di Milano. Cinque giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il Ministero dell’Interno disponeva il rastrellamento degli ebrei stranieri, ordinandone l’internamento in campi di concentramento o il confino in numerose località italiane.
La deportazione dai territori occupati colpì intere famiglie di ebrei polacchi, ungheresi, olandesi, austriaci, tedeschi, serbi e croati che, fuggiti dai luoghi controllati dai nazisti o dagli ustascia, avevano cercato rifugio nelle zone italiane. Un numero imprecisato di loro venne confinato anche in una ventina di comuni del Parmense, dove la popolazione locale fu generalmente ospitale nei loro confronti. Con l’occupazione tedesca e la costituzione della Repubblica sociale italiana anche gli israeliti di nazionalità italiana dovevano essere inviati in campi di concentramento e tutti i loro beni confiscati a favore della Rsi. Con l’ordinanza di polizia del 3 dicembre 1943, il capo della Provincia di Parma disponeva che la Cassa di Risparmio si occupasse del ritiro e della gestione del denaro e dei valori degli israeliti locali sotto il controllo dell’Intendenza di Finanza cittadina. Intanto, per l’internamento degli ebrei venivano utilizzati i seguenti campi: il castello di Scipione (Salsomaggiore Terme); il campo ubicato nel castello di Montechiarugolo; gli albergo “Terme” a Monticelli Terme”.
Studi che ho voluto condividere con voi, perché spiegano bene come il mondo in guerra conobbe, anche nei suoi angoli più remoti, l’Orrore pianificato, perfezionato e portato avanti con meticolosità da persone “terribilmente normali”, come ha scritto Hanna Arendt nel suo celebre libro, “La banalità del male”.
L’Olocausto, la strage degli innocenti catturati, deportati e ammazzati per la loro religione, la loro etnia, le loro preferenze sessuali, il loro credo anti nazista e anti fascista, per il loro rifiuto di continuare a servire sotto le armi dei dittatori – come ha raccontato magistralmente anche il nostro Giovannino Guareschi –, non è stato solo affare di gruppi dirigenti su cui scaricare comodamente le responsabilità, ma un fenomeno degenerato cui molti hanno assistito impotenti, molti altri hanno reagito a costo della loro vita ma su cui troppi hanno garantito per anni un silenzio funzionale.
Archetipo perfetto di questa storia è la figura – “terribilmente normale” e “banale”– di Adolf Eichmann, l’organizzatore metodico e razionale dello sterminio e della sua logistica, perfezionista che ha seguito la programmazione dei rastrellamenti e della consegna dei prigionieri direttamente sulle soglie dei cancelli che motteggiavano sul “lavoro che rende liberi”. Processato in Israele rispose come tanti altri prima di lui davanti al Tribunale Alleato di Norimberga: “Tutti ordinavano ed io eseguivo, ecco la mia colpa, eseguivo gli ordini come un vero soldato”.
Una frase che è il manifesto ideologico di quel sonno della ragione che ha devastato l’Europa nel corso del grande conflitto mondiale, iniziato ai primi del ’900 e di fatto risoltosi solo nel 1945.
Un sonno dal quale il mondo si riprese bruscamente alla fine del conflitto, sgomento. Come sgomenti e increduli erano i i volti dei cittadini tedeschi di Weimar, costretti dalle truppe americane a sfilare dentro al campo di concentramento di Buchenwald. Il campo dove, peraltro, si sperimentavano cure ormonali per l’omosessualità.
Fatti, storie, che ho voluto citare perché abbiamo il dovere di chiederci cosa lascia questa lunga sequenza di documenti, di cultura storica, di immagini. Quanto ci ha resi cittadini consapevoli conoscere e studiare l’Olocausto?
Lo chiedo perché il progressivo venir meno dei testimoni diretti di quel dramma mondiale ci pone, ancor più espressamente, di fronte all’obbligo di agire per liberare la memoria dalla plaude della ritualità, dell’atto dovuto. Della formalità.
Per difendere la “memoria”, anche, perché a 70 anni di distanza le vergogne revisioniste non sono venute meno. Anzi. Con sempre maggiore facilità si può leggere chi ritiene “presunte e pretese” le 6 milioni di vite stroncate nel nome della purezza della razza.
Lo hanno detto e scritto in tanti e io ci credo: possiamo affrontare e vincere la sfida della memoria chiedendoci non “cosa avrei fatto 70 anni fa, se fossi stato catturato perché ebreo o zingaro o omosessuale, o oppositore di Hitler e Mussolini”; dobbiamo chiederci, insieme alle nuove generazioni, soprattutto a loro, “cosa farei adesso”.
Adesso, sì. Perché nulla è più attuale della storia: il mondo ha vissuto l’Olocausto ma è passato negli stessi anni attraverso le foibe, la pulizia etnica durante la guerra nell’ex Jugoslavia; conosce la persecuzione dei cristiani, conosce l’efferatezza dei fondamentalismi, la proliferazione della corsa nucleare, la velocità con cui l’intolleranza e l’odio possono arrivare alla massima potenza, cioè alla follia omicida, scatenata il più delle volte contro minoranze inermi. Contro le donne, oggi come 70 anni fa.
Il mondo libero non può permettersi il lusso dell’inazione di fronte a quanto sta accadendo. Dialogo, mutuo soccorso per uno sviluppo solidale che non ricalchi i peggiori errori della nostra epoca, dovrebbero essere elementi condivisi in seno alla comunità internazionale, non solo parole, parole, parole. Ad esempio, non può essere un problema solo italiano la gestione dei flussi migratori che l’Europa non si decide ad affrontare con misure strutturali. Non può essere solo un problema turco la recrudescenza islamista conservatrice che peggiora ulteriormente la svolta democratica in un Paese chiave nei rapporti tra Est e Ovest. Così come non può essere solo un problema ucraino il rapporto con la Russia che ha rispolverato le sue pretese panegemoni in tutto l’Est europeo.
Ognuno di noi ha una responsabilità enorme, che è quella di dare concretezza a quel “je suis Charlie” che tutto il mondo ha esibito come un riscatto dopo il massacro di Parigi e che tutti siamo impegnati perché possa essere una ripartenza. La ripartenza dei diritti fondamentali e della necessità di saldare il nostro stare insieme su presupposti diversi, nei quali possano riconoscersi i popoli, non solo i governi e i gruppi dirigenti.
Per questo, chiudendo, lasciatemi leggervi questa frase, con l’auspicio che possa essere patrimonio collettivo di questo consiglio:
“Che la lezione di quegli episodi è semplice e alla portata di tutti. Sul piano politico, essi insegnano che sotto il terrore la maggioranza si sottomette, ma qualcuno no, così come la soluzione finale insegna che certe cose potevano accadere in quasi tutti i paesi, ma non accaddero in tutti. Sul piano umano, insegnano che se una cosa si può ragionevolmente pretendere, questa è che sul nostro pianeta resti un posto ove sia possibile l’umana convivenza”.
di Alessandra Narseti
La legge n.211 del 20 luglio 2000 afferma: “la repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Aushwitz, “giorno della memoria”, al fine di ricordare la shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Ecco, in realtà altri ebrei vennero uccisi nelle settimane seguenti, ma la data del 27 gennaio è stata giudicata più adatta di altre a simboleggiare la shoah e la sua fine. Oggi quindi, esattamente oggi, ricorre Il settantesimo anniversario dell’abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Aushwitz da parte delle truppe dell’armata rossa, cancelli dietro i quali i soldati trovarono un orrore inimmaginabile.
Particolarmente toccante la testimonianza di un soldato russo Yakov Vincenko, che al tempo dei fatti aveva solo 19 anni, e che tanti anni dopo racconta: “quel giorno ad Aushwitz è diventato centrale nella mia vita solo quando anche il mondo ha elaborato una coscienza della verità e della vergogna. Nemmeno noi, che abbiamo visto, ci volevamo credere. Ho sperato per anni di riuscire a dimenticare: poi ho capito che sarebbe stato comportarsi da colpevole, diventare complice. Così, ricordo. Non sono riuscito a comprendere come sia potuto succedere, ma a chi nega l’olocausto dico: credete a me che quando ero lì ho cercato di convincermi che non fosse vero” e continua “ho aperto le porte delle baracche, all’interno uomini moribondi pregavano, temevano li ammazzassi. Quando ho detto loro che erano liberi, non percepivo felicità. Li vedevo sollevati ma non avevano la forza per reggere la gioia”.
Bene, i cancelli di Aushwitz sono stati abbattuti, ma tanti altri cancelli rimangono ancora da abbattere: non si tratta più di cancelli fisici, ma di cancelli ideali fatti di pregiudizi e cementati dall’intolleranza, barriere tra le culture, tra le religioni, tra le diversità.
L’antisemitismo stesso, non è del tutto dietro le nostre spalle: forse non tutti sanno che il nostro paese detiene il triste primato delle ingiurie, insulti e messaggi di intolleranza antisemiti su internet ed è questo un dato confermato da un rapporto dell’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali. E allargando lo sguardo all’Europa, emergono fatti ancora più drammatici: dalla strage alla scuola ebraica di Tolosa del 2012 in cui persero la vita un professore di religione e tre bambini, agli ultimi tragici fatti di cronaca che non occorre neanche ricordare tanto sono impressi nella memoria di tutti. Questo clima ha fatto sì che a Parigi si consigli agli ebrei di camminare in gruppo e mai soli e di portare sopra la kippah un cappello sportivo. Inoltre, metà delle famiglie ebraiche di Villepinte, sobborgo proletario a nord della capitale hanno lasciato il quartiere e la sinagoga locale, già incendiata nel 2011 ed e’aumentato esponenzialmente il numero di ebrei che hanno lasciato la Francia per far ritorno nello stato di Israele ( si parla di 7000 nel 2014 contro i 3500 del 2013). Tutto questo contrasta terribilmente con le libertà simbolo dell’Unione europea e testimonia più di ogni altra cosa come il ricordo del dramma della shoah non sia soltanto un formalismo, ma sia oltremodo necessario in una società che a volte sembra vacillare sul rispetto del prossimo. Insomma, i cancelli di Aushwitz sono stati abbattuti, ma tanti altri cancelli restano ancora da abbattere.
[La frase non è nostra, ma del fondatore di Twitter Jack Dorsey, che una qualche opinione allarmata sulla deriva dell’immediatezza dei social network può autorevolmente esprimerla.]
Mercoledì 21 c’è stato il Consiglio Comunale straordinario sul fallimento della Coop DiVittorio. Il Partito Democratico ha sostenuto una posizione molto netta che proviamo a riassumere nonostante molti di voi abbiano magari già visto l’intero Consiglio in streaming (se no qui trovate i video) o comunque ne abbiano letto in millemila posti.
Abbiamo presentato un Ordine del Giorno (lo scaricate a questo link) che chiedeva alla minoranza di unirsi in una dichiarazione d’intenti capace di coordinare gli sforzi per il futuro dei soci e dei coinvolti nel fallimento. Inutilmente, perchè all’opposizione – che ha vissuto il Consiglio come una straordinaria opportunità per coprirci di fango – non interessava altro che rivendicare vicinanza e collateralismi del passato. L’ordine del giorno è stato approvato.
Negli interventi abbiamo preso tre definite posizioni, tutte molto legate alla sostanza del problema, che è gravissimo, molto tecnico e non certo relegabile al breve periodo di un comunicato stampa e non meriterebbe questo snervante teatrino:
- la cooperazione di abitazione ha una storia nobilissima e quando ci “accusano” di esserne stati fiancheggiatori noi rispondiamo che l’abbiamo fatto con orgoglio e che lo rifaremmo. E’ stato un movimento sociale e politico che ha gestito in moltissime regioni e positivamente il problema della casa per le fasce deboli di questo paese e lo ha fatto dando loro la dignità dei soci. Vale lo stesso per la cooperazione e i suoi strumenti che ogni giorno, in uno stillicidio veramente nauseante subiscono attacchi ignoranti (non sanno di cosa parlano, non l’hanno mai frequentata) da parte dei principali esponenti dell’opposizione cittadina. Chi sarà chiamato a rispondere di eventuali atteggiamenti legati a quel che dice la sentenza ne risponderà anche di fronte a questa storia. Noi faremo tutto il possibile perchè chi ha sbagliato paghi il suo, senza cercare capri espiatori o imbastire tribunali paralleli, ne tantomeno intervenendo nel lavoro della magistratura [ne ha parlato soprattutto Marco nel pezzo che potete scaricare cliccando qui]
- il partito (e quindi l’amministrazione che ne è espressione) ha provato in tutti i modi a dare un contributo affinchè le due emergenze più gravi – il diritto alla casa e il risparmio dei soci prestatori – fossero messe in sicurezza. Sul primo abbiamo avuto ottime e positive risposte grazie al lavoro dei Sindaci (e della Legge che li sostiene), mentre sul secondo lavoreremo con tutte le nostre forze, lo abbiamo scritto pure sulla stampa. Non esiste alcuna maggiore vicinanza degli assegnatari della indivisa rispetto ai prestatori. [l’intervento di Davide Rastelli lo trovate cliccando qui]
- continuare ad insultare chiunque provi a dare un contributo come membro del centrosinistra in maggioranza a Fidenza è sbagliato e inutile. Sbagliato perchè vale per il dibattito pubblico quel che nella teoria sociale viene definita “teoria della finestra rotta” per cui un singolo – magari non espertissimo di leggi e codici – che vede che i principali esponenti dell’opposizione politica cittadina insultano quotidianamente il segretario del Pd o il consigliere delegato alla tal cosa, si sentirà in potere di fare altrettanto e con tutti quelli che faranno lo stesso avremo un imbarbarimento del dialogo politico che nuocerà a tutti e che offenderà Fidenza e i fidentini. Inutile perchè in Consiglio abbiamo la maggioranza e questa è una cosa che la minoranza dovrebbe prima o poi accettare, perchè presentare OdG alternativi che sfiduciano il Sindaco “senza se e senza ma” non è una buona via per la collaborazione [l’intervento di Franco Amigoni sul tema è scaricabile qui].
Sono tempi bui: il complottismo da sbarco, il gossip morboso, la malafede, la superficialità e, nel migliore dei casi, il nichilismo, sono segnali della disperazione che ne deriva. Forse bisognerebbe provare a migliorare il clima anzichè giocare a peggiorarlo.