dic 142010
 
11dicembre

Alle 4,30 di una fredda mattina di dicembre ero in piedi nel parcheggio del Dico in via Togliatti, con un fascio di bandiere in mano. Di fronte a me, stavano i miei otto compagni di viaggio (d’ora in avanti solo “compagni”).
Ero più addormentato che sveglio, lo ammetto, ed, in effetti, ricordo a fatica l’arrivo della corriera, i saluti coi compagni salsesi già a bordo, l’avventuroso incontro col segretario provinciale e col presidente della provincia nel parcheggio dell’Agrinascente, il tour della bassa fino a San Secondo e la vera e propria partenza da Parma. Ad ognuno viene data una sciarpa rossa: sarà un comodo cuscino…
Ci fermiamo  in un autogrill dell’Appennino per far colazione. Non ci sono i giornali, ma mi posso bere una cioccolata. Si riparte, parlo un po’ di politica con i compagni salsesi…
Altra sosta, stavolta per il pranzo, alle porte di Roma. Dalla pancia della corriera escono salami, focacce, formaggio, mortadella e vino bianco. Grazie Salso! Non c’è niente di più emiliano di una mangiata di salumi.
E non c’è niente di più bello di vedere autobus da ogni parte del nord Italia che si riuniscono nel piazzale, facendo scendere compagni che parlano con gli accenti più diversi, salutano e lanciano sguardi di ammirata invidia verso la tua tavola imbandita. Per me è questo il bello delle manifestazioni! A Roma, lasciamo il pullman nell’estrema periferia del quartiere Rebibbia, edifici squadrati, una grande fabbrica abbandonata, pini marittimi e una generale impressione di leggero degrado, ma in quella calda atmosfera che la Città Eterna conserva, qualunque sia la stagione. La metro stracolma di bandiere ci porta al rendez-vous di piazzale dei Partigiani, dove il corteo si sta già formando. Le bandiere tricolori del partito s’innalzano assieme a quelle arancio dei Giovani Democratici, ai quatto mori della Sardegna e a cartelli e striscioni da molte regioni d’Italia. Un uomo armato di megafono, sul volto i segni di decenni di lotta, scandisce cori dal suono antico. La Piramide di Caio Cestio, l’ultima prova che un uomo molto ricco volle lasciare delle sue manie di grandezza, ci guarda.
Parte il corteo. Dalla testa, in lontananza, si sente risuonare una banda che esegue inni di lotta e canzoni popolari. Con le bandiere sulle spalle, sfiliamo tra la sede della FAO ed il Circo Massimo. A tutti quelli che c’erano torna alla mente la marea che riempiva quel catino solo due anni prima. L’Italia migliore della destra che ci governa. Di lì arriviamo all’Arco di Costantino e al Colosseo, sempre maestoso nonostante gli anni e l’evidente incuria. Tornano per un attimo in mente le immagini di Pompei. I miei compagni sono via via più carichi, man mano che ci avviciniamo a piazza San Giovanni.
Ed eccoci, nella piazza gremita oltre ogni aspettativa, sventolare le nostre bandiere ed innalzare il nostro striscione insieme ad altri mille, con le statue sopra la facciata della basilica che sembrano guardarci con distacco.
Ma anche quelle mura paiono vibrare, sentendo la forza rinnovatrice che proviene da quella folla immensa. Studenti, pensionati, lavoratori, precari, insegnanti, operai, poliziotti, anche i tassisti: gente onesta che non ne può più di un governo che galleggia nella palude, che mantiene il Paese in una stasi decadente, che grida contro tutto e tutti e non si rende conto di essere la vera zavorra che impedisce all’Italia di spiccare il volo verso il futuro.
A questa morsa, a questo giogo il PD la vuole strappare col suo impegno quotidiano e con il suo progetto. Ormai abbiamo messo la destra in minoranza anche in Parlamento. Berlusconi potrà essersi comprato la fiducia di una minoranza, ma ormai c’è solo una lastra sottile di ghiaccio a separarlo dall’abisso.
Quello che il PD e il centrosinistra devono fare è impedire a Berlusconi di trascinare l’Italia con sé:  prenderla per mano e portarla via, lontano dall’abisso e fuori da questa palude.

Ma ora, silenzio, parla Bersani…

Alessandro Stefanini
astefanini@pdfidenza.it

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 Posted by at 19:16

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