mar 252011
 
baraldini

Il consigliere PdL-liberamente liberale Aiello non è nuovo ai bidoni. Già in passato aveva  minacciato un ODG sulle foibe: mai protocollato. Il 28 gennaio  sul sito del suo partito é apparso il testo dell’ODG da discutere in CC  “Perché revocare la cittadinanza onoraria a Silvia Baraldini”: ieri lo ha ritirato. Prevedendo che rimarrà inascoltata la citazione del Sindaco “La parola è un dono, non un obbligo”, attendo trepidante il prossimo ODG sulla revoca della cittadinanza onoraria al sindaco cristiano di Betlemme Victor Batarseh.

Luigi Toscani
ltoscani@pdfidenza.it

 

 

Silvia Baraldini

Il 20 maggio 1997 il CC di Fidenza conferiva la cittadinanza onoraria a Silvia Baraldini “in nome della battaglia contro la sopraffazione e l’ingiustizia, in difesa dei diritti umani e per l’affermazione degli ideali di civiltà”.
Silvia Baraldini sin dagli anni 60-70 negli Stati Uniti d’America, ove era emigrata a 14 anni, ha lottato in una associazione di sinistra (Black Panther Party for self-defense) contro la guerra del Vietnam, per i diritti civili degli afroamericani, contro le dittature, contro il razzismo e l’apartheid. Erano gli anni della nostra gioventù, pervasi da brividi rivoluzionari e lotte per l’estensione dei diritti. Erano gli anni dell’Utopia, la forza che spinge le coscienze e le azioni verso uno scopo a prescindere dalla loro realizzabilità. Questa tensione morale dà senso alla nostra vita.
Erano tempi cupi per la democrazia. In Svizzera e Germania nei primi anni Sessanta sulle vetrine dei bar si poteva leggere  “Fuer Italiener Zutritt verboten” (vietato agli italiani). In molti degli stati USA, fino alla metà degli anni Sessanta, erano in vigore leggi che discriminavano i neri negando loro i più elementari diritti civili. Un nero non poteva frequentare un’università per bianchi o sedersi su un autobus. Alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 i velocisti neri Tommie Smith e John Carlos salirono sul podio coi pugni chiusi e la mano guantata di nero, simbolo dei Black Panthers. Nel 1967 in Grecia il colpo di stato militare dei “Colonnelli” deponeva Papandreu che guidava un governo di sinistra liberamente eletto. Nel 1973 in Cile Pinochet instaurava una sanguinaria dittatura militare dopo un colpo di stato contro il Presidente socialista Allende. La giunta militare argentina tra il ‘73 e  l’‘83 eliminava fisicamente 30.000 oppositori poi “desaparecidos”; così dichiarava il generale Videla: “Prima elimineremo i sovversivi, poi i loro collaboratori, poi i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e infine gli indecisi”.  Il governo bianco razzista del Sud Africa praticava l’apartheid nei confronti dei neri e comminava 30 anni di esilio a Miriam Makeba per la canzone Pata-Pata, che non parlava di libertà, indipendenza o lotta, ma solo dell’aspirazione di una ragazza che balla e vuole essere felice; possedere il disco in Sudafrica significava essere condannati per banda armata dai tre ai sette anni. Il testo in lingua Bantu recita:

“Pata pata è una danza
che noi balliamo in una via di Johannesburg,
e tutti cominciano a muoversi,
non appena il pata pata inizia a suonare.
Ogni venerdì e sabato sera
è il tempo del Pata Pata,
e il ballo continuerà per tutta la notte
finché il sole del mattino inizia a splendere”.

L’apartheid fu abolita solo nel 1990. Nel ‘64 in Brasile con un colpo di Stato appoggiato dagli USA i generali prendevano il potere che mantennero sino all’82. Con l’Atto Istituzionale n.1 (Ato institucional)  abolirono la costituzione liberale del 1946 e con altri Atti Istituzionali (decreti della giunta militare) abolirono i partiti, le libertà, addirittura le trasmissioni radiofoniche a onde lunghe, essenziali per la diffusione delle notizie in un paese vastissimo.

Silvia Baraldini fu condannata nel 1983 dalla Corte Federale di N.Y. a 43 anni di reclusione per tre reati: 1) Intento di cospirare in attività criminose, punibile in base alla legge antimafia R.I.C.O. (Racheteering Influenced Corrupt Organization), secondo cui i reati commessi da un membro di un movimento vengono automaticamente addebitati a tutti: venti anni di carcere; 2) Concorso nell’evasione della rivoluzionaria afro-americana Joanne Chesimard (alias Assata Shakur) avvenuta nel ‘79 senza sparatorie né spargimento di sangue: venti anni di carcere; 3) Rifiuto di testimonianza davanti al Gran Giurì che indagava sugli indipendentisti portoricani (insulto alla corte): tre anni di carcere.
Dopo aver scontato quattro anni fu considerata “detenuta pericolosa” poiché rifiutò di denunciare all’FBI i compagni in cambio di denaro e della libertà; fu perciò trasferita nel carcere di massima sicurezza di Lexington nel Kentucky in isolamento totale, in una cella sotterranea, con la luce accesa e sotto controllo di telecamere per 24 ore al giorno. Si ammalò di cancro all’utero e fu sottoposta a 2 interventi chirurgici. Nell’88 il carcere fu chiuso per l’intervento di Amnesty International e la Baraldini fu trasferita in altre case di pena.
Nel 1990, nel 1992, nel 1994 e infine nel 1999 l’America rifiutò le domande di estradizione presentate dall’Italia in base alla Convenzione di Strasburgo, che permette la conversione della pena secondo l’ordinamento giuridico del paese d’origine. Fu infine estradata in Italia il 24 Agosto 1999 e, dopo alcuni anni di arresti domiciliari, scarcerata definitivamente nel 2006 per indulto (Legge 241/2006). Si noti che in base all’ordinamento italiano sono esclusi dall’indulto i reati di terrorismo, compresa l’associazione eversiva, e banda armata.

Movimento di opinione a favore di Silvia Baraldini.

Nella seconda metà degli anni 80, mentre la Baraldini subisce le prime due operazioni per cancro all’utero (in catene anche sul tavolo operatorio e sul letto di ospedale, come imponeva il regolamento carcerario americano) l’Italia comincia a mobilitarsi. Ci sono le prime interrogazioni parlamentari, i comitati di solidarietà in varie città d’Italia (tutti confluiti poi nel “Coordinamento Nazionale Silvia Baraldini”), gli appelli di Dario Fo, Antonio Tabucchi, Umberto Eco e molti altri.

Francesco Guccini le dedica nel 1993 “Canzone per Silvia”:

<<L’ America è una statua che ti accoglie e simboleggia bianca e pura, la libertà,
e dall’alto fiera abbraccia tutta quanta la nazione,
per Silvia questa statua simboleggia solamente la prigione
perché di questa piccola italiana ora l’America ha paura.
Paura del diverso e del contrario, di chi lotta per cambiare,
paura delle idee di gente libera, che soffre, sbaglia e spera.
Nazione di bigotti! Ora vi chiedo di lasciarla ritornare
perché non è possibile rinchiudere le idee in una galera…
Il cielo dell’ America son mille cieli sopra a un continente,
ma il cielo là rinchiusi non esiste, è solo un dubbio o un’ intuizione;
mi chiedo se ci sono idee per cui valga restare là in prigione
e Silvia non ha ucciso mai nessuno e non ha mai rubato niente>>

Per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale si mobilitano i Consigli Comunali di tante città che le conferiscono la cittadinanza onoraria, tra cui Palermo, Venezia, Grosseto, Bologna, L’Aquila, Napoli, Rovigo, Teramo, Caserta, Lecce e nel ‘97 anche Fidenza. Nel marzo del 2001 scendono in campo Norberto Bobbio, Rita Levi Montalcini, Dacia Maraini, Roberto Benigni e Carla Fracci per chiedere al Presidente della Repubblica un atto di grazia.

ODG Aiello (PdL)

Dopo la recente esternazione di Aiello “Cara opposizione, si torni a discutere dei reali problemi della città…”, speravamo di discutere almeno dei reali problemi dell’Italia:  lo stato dell’economia e la disoccupazione giovanile, le accuse al Presidente del Consiglio di concussione e prostituzione minorile; i rapporti imbarazzanti col deposto dittatore tunisino Ben Alì e con Gheddafi; la legge elettorale in vigore, definita dal suo estensore “Porcellum”, che ci impone  nominati e  nominate dalle segreterie dei partiti; gli attacchi alla magistratura, alla Consulta e alla Scuola Statale; lo scempio ambientale della Campania, un tempo felix; la debolezza dello Stato di fronte alla camorra e alle mafie, con l’onorevole Cosentino, già sottosegretario alle finanze,  indagato per concorso esterno in associazione camorristica e il senatore Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia, condannato in appello a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa; lo stesso che ha l’ardire di dichiarare: “Mangano eroe, condoglianze al Procuratore generale della Repubblica” (Mangano Vittorio, il mafioso pluriomicida  stalliere di Arcore). Oppure la parentopoli romana di Alemanno e l’assunzione senza concorso di 850 persone all’ATAC (trasporti) con l’ex NAR Francesco Bianco nominato dirigente e un migliaio di assunti all’AMA servizi ambientali (rifiuti) con il picchiatore neofascista Stefano Andrini nominato amministratore delegato.
Speravamo che Aiello, preso da indignazione, redigesse un ODG sul ministro della Repubblica Umberto Bossi che nel ‘97, anno del conferimento della cittadinanza italiana a Silvia Baraldini, veniva condannato a tre anni di carcere per vilipendio alla bandiera, la stessa che Quarantelli e i giovani del PdL sventolavano durante il CC sulle Foibe. Oppure un ODG sul “sole delle Alpi” raffigurato in ogni angolo della Scuola Statale di Adro, statale e non leghista; oppure sull’onorevole della Lega Salvini che definì i Napoletani “colerosi”. Speravamo in un ODG a favore della equità della pena per contestare la libertà concessa dopo soli 20 anni di carcere  e cinque di semilibertà al fascista Giusva Fioravanti, esecutore materiale della strage di Bologna e autore di molti altri delitti.
Pensavamo che Aiello, preso da senso di carità,  potesse redigere un ODG sul pasto negato dal Sindaco leghista di Fossalta di Piave a una bimba nera di 4 anni impossibilitata a pagarlo, o sui 6 ghanesi uccisi a sangue freddo a Castelvolturno nel 2008 dalla camorra, o sull’ingiustizia sociale della morte di 4 bimbi rom fra i 3 e i 5 anni nel rogo di una baracca a Roma ai primi di febbraio.

Nulla di tutto ciò. Aiello accusa la Baraldini di aver optato per la violenza nel perseguire i suoi ideali. Lo stesso fece il premio Nobel per la pace Nelson Mandela, che nel 1961 fu comandante dell’ala militare dell’ANC (African National Congress), anch’egli incarcerato per 27 anni per sovversione e terrorismo. Ai giudici dichiarò: “Se si è arrivati a decidere di abbandonare la linea pacifista più ortodossa lo si deve al potere bianco che negli anni ha fatto diminuire i diritti degli africani invece che aumentarli. Avevamo solo un’ alternativa, sottometterci o lottare. Ma sottomettersi significava rinunciare a valori fondamentali come la dignità”. Nel 2008 Barack Obama entrò nella cella che fu di Mandela per “riflettere sul suo coraggio e sul suo credo fondamentale e cioè che non dobbiamo accettare il mondo così com’è, ma che possiamo rimodellarlo come dovrebbe essere”. Il 3 gennaio dello stesso anno Obama aveva dichiarato dopo la vittoria inaspettata alle primarie in Iowa: “…il nostro destino sarà scritto non per noi, ma da noi, da tutti gli uomini, da tutte le donne che non vogliono accontentarsi del mondo com’è: che hanno il coraggio di rifare il mondo come dovrebbe essere”.
Anche Garibaldi prese le armi per la libertà. Una canzone di Massimo Bubola così ne descrive la figura:

<<Quando la luna arriva a Genova e la mia lettera da te, là sarà quasi estate mentre qui l’inverno arriverà e con l’inverno un’altro anno passerà. A Torino si dice che sei un bandito e che stai andando alla deriva su un battello a difendere il confine uruguayano con un esercito che parla italiano. Camicie rosse, all’avventura in una nuvola di bandiere, camicie rosse così nessuna delle ferite si può vedere. A volte il coraggio è come la fame che parti randagio per terre lontane e mangi pane e lacrime e le lacrime sono acqua salata che più ne bevi e meno ti disseta. E a volte il coraggio è di ritornare senza aver fatto fortuna dall’altra parte del mare per inseguire una stella che gira gira ti riporterà a menare le mani per la libertà. Camicie rosse, all’avventura in una nuvola di bandiere, camicie rosse così nessuna delle ferite si può vedere. Signora fortuna che brilli di notte che ci mostri la strada e ci insegni le rotte, proteggi questa flotta di studenti e di sognatori, aggiungi al firmamento i nostri mille cuori>>.

Le armi le presero anche i cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici e anarchici  che fondarono il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) per liberare l’Italia dal nazifascismo e ci donarono il primo parlamento democratico e la Costituzione: “Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini (P.Calamandrei)”. Come Arrigo Boldrini , comandante partigiano Bulow, medaglia d’oro al valor militare e membro dell’Assemblea Costituente: “Abbiamo lottato assieme per riconquistare la libertà di tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro”. Le armi le hanno prese i nostri soldati in Somalia, Kossovo, Iraq, e ora in Afganistan; le imbracciava anche il tenente degli alpini Massimo Ranzani ucciso da una mina il I° marzo di ritorno da una missione umanitaria. Anche il nostro Comune riconosce questi valori quando pubblica sul suo sito internet in occasione della Festa della Donna l’immagine di una garibaldina armata di fucile e organizza corsi per autodifesa femminile. Li riconosce soprattutto quando celebra solennemente i 150 anni dell’Unità d’Italia e il sangue che i patrioti hanno versato per essa.

Per quale motivo revocare allora la cittadinanza onoraria?  Silvia Baraldini é comunista e quindi va umiliata e vilipesa, anche se difendeva i deboli e i discriminati, anche se credeva nell’uguaglianza, anche se “non ha ucciso mai nessuno e non ha mai rubato niente” come dice Guccini. Come i trecento di Pisacane massacrati dai “cafoni” (Ignazio Silone-Fontamara, 1933) del Cilento , (“Li disser ladri usciti dalle tane: ma non portaron via nemmeno un pane”), essa é perseguitata ora dai figli dei poveri cristi che voleva redimere. C’è aria di restaurazione, c’è puzza di “fascismo in libera uscita” (G. Bocca), come ha affermato recentemente don Gallo a Salsomaggiore, dove ha cantato Bella Ciao. Riguardo all’anticomunismo esasperato, così scriveva nel 2005 lo scrittore bosniaco P.Matvejevic’: “Si tratta di una mobilitazione eccezionalmente riuscita del berlusconismo nello scontro con la sinistra e il comunismo che per Berlusconi ha sempre portato miseria, morte e terrore; persino quando sacrificò 18 milioni di vittime russe nella lotta per la liberazione dell’Europa dal fascismo. Esiste una sorta di anticomunismo viscerale che secondo le parole del dissidente polacco Adam Michnik, è peggio del peggiore comunismo. Il sottoscritto che ha perso l’intera famiglia paterna nei gulag di Stalin, nonostante questo, non disprezza di meno i fascisti”.
Dopo l’ODG su Cesare Battisti che aveva almeno il pregio dell’attualità, Aiello invece di perseguire la concretezza come da lui dichiarato, impegna il CC in un  ODG maramaldo che cerca la provocazione a tutti i costi, rinfacciando alla Baraldini addirittura di non essere morta di cancro. Lui migrato a Fidenza nel ‘99, vuol revocare la cittadinanza alla Baraldini concessa dal CC, pienamente titolato a farlo, nel ’97. Aiello misconosce la forza dell’Utopia, in sintonia con la “cultura” berlusconiana che mira a farci vivere nel disinteresse e nell’inedia politica. Misconosce il valore della ribellione che, come afferma lo scrittore e senatore PD Gianrico Carofiglio in “La manomissione delle parole”: “è il contrario dell’obbedienza ottusa, a ogni costo, della rassegnazione all’ingiustizia, all’iniquità, allo squallore. E’ capacità di esercitare il ripudio – dell’iniquità, dell’ingiustizia, dello squallore – che è sancito anche dalla Costituzione. Ribellione è responsabilità, autonomia, affrancamento. E’ rimedio contro la bruttezza, l’umiliazione, la perdita di dignità. La ribellione è la via per la bellezza”. Scriveva don Milani: “L’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”.

Luigi Toscani
ltoscani@pdfidenza.it

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