mar 242011
 
nonuke

Sabato 19 marzo abbiamo partecipato come Giovani Democratici all’incontro “Il nucleare divide, l’energia rinnovabile unisce” di Caorso, paese piacentino tristemente noto per avere ospitato una delle quattro centrali della prima, sciagurata avventura nucleare italiana. L’evento, organizzato dai Giovani Democratici dell’Emilia-Romagna, dall’associazione Ca’ Boiardi di Piacenza, dal comitato Creafuturo di Cremona e dal comitato Energia Felice di Milano, ha visto la partecipazione di Legambiente, del comitato No Nuke di Piacenza e di tutti i partiti del centrosinistra.
Introducendo l’incontro, Gian Luigi Boiardi ha rilevato come, anche alla luce del disastro di Fukushima, che sta causando tra l’altro un’anomala radioattività nelle acque di Tokyo (che dista 250 km dalla centrale), sia importante il tema della sicurezza, specie considerando che si tratta di un investimento pubblico di venti miliardi di euro. Le premesse non sono le migliori, visto che lo Stato ha già speso sei milioni per lo spot del forum nucleare italiano, che è poi stato bloccato dal giurì perché ingannevole. Infine l’auspicio è stato quello di abrogare la legge 99/09 che sancisce la scelta del nucleare e di ripensare l’intera politica energetica italiana.
Marco Pezzoni di Creafuturo ha criticato la scelta del governo di fissare il referendum sul nucleare (insieme ai quesiti su acqua pubblica e legittimo impedimento) il 12 giugno, con l’evidente fine “disonesto” di non far raggiungere il quorum. Questo trucchetto costerà agli italiani la bellezza di 400 milioni di euro.
Daniele Nastrucci (PD), ex sindaco di Caorso, si è chiesto perché tornare al nucleare, quando esistono alternative più sicure. A Caorso non è mai stata eseguita un’indagine epidemiologica e, unico caso al mondo, non sono mai state rimosse le scorie della centrale, nonostante le promesse dei governi a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. E nulla sembra cambiato da allora.

Giampaolo Bardini, animatore del comitato No Nuke, ha scaldato l’uditorio citando l’ottimo ministro Brunetta, l’energumeno in miniatura, che definisce quelli che si oppongono al nucleare “stupidini imbecillotti che creano danno allo Stato”. Ha proseguito poi elencando le conseguenze nefaste che il nucleare, e le opere che sono a esso legate, hanno avuto sul territorio, sulla flora e sulla fauna, provocando danni di cui l’Enel non si è mai fatta carico. Non va dimenticato qual è l’origine del nostro piano nucleare: le cinque centrali che lo Stato italiano acquisterà sono parte di un lotto di dieci prodotte dalla francese EDF per il Sudafrica che quel Paese ha rifiutato, ritenendole inadeguate, e di cui ora l’Italia si fa carico, in nome del fatto che la Francia è uno dei nostri principali creditori.
Marcello Petrini, Segretario dei Giovani Democratici di Piacenza, ha ricordato come lo smaltimento delle scorie nucleari potrebbe costare 100 miliardi di euro, da aggiungere ai venti di costo delle nuove centrali che, tra l’altro, coprirebbero solo il 15% del fabbisogno energetico e fornirebbero non più di 30mila posti di lavoro, con tutto l’indotto. L’esempio da seguire è invece quello della Germania che, investendo sulle energie rinnovabili, ha creato 340mila posti di lavoro. L’Italia ha bisogno di un nuovo piano energetico nazionale che sostituisca quello del 1988. E noi dobbiamo dimostrare che abbiamo a cuore il nostro Paese.
Secondo Laura Chiappa di Legambiente è necessario puntare sul risparmio energetico, da una parte, e sulla creazione di un sistema di produzione democratica dell’energia, con tanti piccoli impianti domestici e privati che producano energia pulita, togliendo potere ai grandi produttori, che non a caso spingono per il nucleare. Le centrali nucleari in pianura Padana non hanno senso: si tratta di una zona densamente popolata (24 milioni di abitanti), industrializzata e già parecchio inquinata. Infine, non si deve dimenticare che molte imprese che operano nel campo delle energie rinnovabili sono preoccupate per il proprio futuro.
Di nuovo Boiardi è intervenuto lanciando un Patto tra le comunità del Po, che coinvolga regioni, enti locali e associazioni, allo scopo di costruire una gestione unitaria del grande fiume, che comporti la collaborazione e il mutuo soccorso tra gli enti coinvolti, per affermare la contrarietà al nucleare e realizzare un green new deal, che porti a un nuovo modello di sviluppo energetico, che ispiri un nuovo piano energetico nazionale. E se il referendum sul nucleare mancasse il quorum, le comunità del Po chiederanno al governo di rispettarne comunque l’esito.
Gabriella Meo, rappresentante dei Verdi, si è chiesta come mai il referendum dell’87 sembra non abbia più valore: è un problema di democrazia. Di fronte al disastro di Fukushima, i contrari al nucleare non stanno facendo sciacallaggio: i rischi del nucleare sono sempre stati denunciati con la stessa veemenza. La Meo si è unita alla richiesta di un nuovo piano energetico nazionale. L’Italia oggi non solo acquista energia, ma la vende: il bisogno di aumentare la produzione interna è quindi meno impellente di quanto non si creda. In più, il sistema energetico disperde molta energia. In proposito, la facoltà di ingegneria di Parma ha calcolato che, con i venti miliardi destinati al nucleare, si potrebbero coibentare tutte le case degli italiani, con un risparmio energetico notevolissimo.
Il sen. Luigi Li Gotti dell’IdV ha fatto riferimento al Nobel italiano Carlo Rubbia, cacciato da Berlusconi e dai suoi perché ritenuto incapace e che ora, con la tecnologia del solare termodinamico (un sistema di specchi che convoglia la luce solare su una vasca di fluido che, scaldato, si muove e attiva delle turbine), ha reso possibile alimentare con energia pulita l’intera area di Siviglia (700mila abitanti). Ed è su questa tecnologia che si basa il progetto tedesco Desertech, che prevede l’installazione di questo tipo di centrali negli Stati del Maghreb, con sicuri benefici per tutte le parti. Come ha detto lo stesso Rubbia: il sole non si paga, il nucleare è business.
Ai “moderni” sostenitori del nucleare che ci dicono che siamo nemici del progresso, noi rispondiamo che loro vogliono il business di un’energia antiquata.
Noi siamo i veri moderni!

Alessandro Stefanini
Stefano Fervari

FacebookTwitterGoogle+Condividi
 Posted by at 21:16

 Leave a Reply

(richiesto)

(richiesta)