ott 152010
 
vernizzi

Il nostro amico Marco Vernizzi, giovane iscritto al Pd di Soragna,  si trova attualmente in Cina per motivi di studio e ci ha raccontato la sua visita all’Expo di Shangai,  E’ una testimonianza che ci ha permesso di capire un po’ come si vive in questo paese così  lontano da noi per usi e costumi ma sempre più  vicino per quanto riguarda l’economia di oggi e soprattutto di domani. Ringraziamo Marco per averci offerto questo breve flash e lo invitiamo a scriverci ancora. Saremo molto contenti di pubblicare altre testimonianze.  

 

Milioni di visitatori, decine di padiglioni, miliardi di yuan investiti nella città.
È una Shanghai immersa nell’umidità dell’estate monsonica quella che accoglie i turisti, i curiosi e i giornalisti per quello che, già da subito, si è annunciato come un evento indimenticabile, stratosferico, geniale. Insomma, cinese.
Impossibile entrare nel padiglione del Paese ospitante a meno di non fare ore e ore di fila a partire, diciamo, dalle 4 e mezza del mattino. Dico sul serio. Chi non ha a disposizione almeno un paio di settimane deve per forza scegliersi i padiglioni per cui fare la fila e rinunciare a vedere gli altri, anche perché sono oggettivamente troppi: in una folle giornata di caldo e di curiosità insana sono riuscito a vederne 13 in circa 10 ore, compresi quello italiano – niente fila mostrando il passaporto! – e quello delle province cinesi.
La cosa che più colpisce è l’omogeneità dei visitatori: praticamente tutti cinesi anche se, in effetti, è probabile che gli stranieri fossero più di quanti ne abbia riconosciuti, visto che spesso non è facile distinguere un cinese da un coreano o da un giapponese senza sentirlo parlare.
Facendomi strada fra la folla cerco di farmi un’idea di cosa voglia dire organizzare un padiglione per un’esposizione internazionale: la costruzione, la scelta dei contenuti, l’organizzazione del personale e degli eventuali spettacoli… proviamo a dare un’occhiata.
Resto stupefatto entrando nel padiglione spagnolo che mi accoglie con la riproduzione delle grotte di Altamira e delle sue pitture rupestri proiettate in movimento mentre, a ritmo di tango, una ballerina danza su un palcoscenico a forma di amigdala… ma nella seconda stanza c’è solo un orripilante bambolotto alto 20 metri che muove la faccia e fa le smorfie. Come rovinare un capolavoro. Decisamente schifato cerco rifugio nel padiglione americano, ma due video ben girati ed un discorso registrato di Obama rivelano solo superficialità e banalità. Deludente. Idem per quasi tutti gli altri che riesco a vedere. Alla fine si arriva al padiglione italiano. La struttura, che di giorno sembra una bruttura di completo grigiore, di notte lascia trasparire all’esterno le luci grazie a quello che si chiama “cemento trasparente”, ovvero mattoni traforati con del vetro all’interno.
La sala d’ingresso è inondata dei suoni dei grandi compositori mentre le scale mobili che portano al secondo piano passando attraverso una riproduzione in scala della cupola del Brunelleschi a Firenze mostrano un’orchestra, appesa alla parete sopra la porta d’ingresso, di cui non ti eri reso conto entrando. L’esposizione rende giustizia ai migliori nomi dell’artigianato e dell’industria italiani ma finisce col dare al visitatore un’impressione sbagliata del vivere in Italia: un video mostra come una vecchietta possa, con un sms, chiamare a casa sua un robot che le porti via l’immondizia, le numerose bacheche espongono capi d’alta moda, oggetti di lusso o di alta tecnologia che nessun italiano medio può permettersi, un plastico invita perfino ad ammirare il capolavoro ingegneristico del Ponte di Messina. Ridendo mi allontano e mi dirigo al piano di sopra: cibo, un ulivo e un campo di grano sul soffitto. Tutto molto suggestivo. Di fianco, un’esposizione temporanea: a turno tutte le regioni d’Italia occupano per 15 giorni la sala con proiezioni sulle proprie bellezze artistiche e naturali, il tutto curato da Vittorio Sgarbi. Uscendo mi fermo a parlare con il cameriere, romano, del ristorante. Anche lui pensa che il nostro sia il padiglione migliore, sebbene fuori tema: “Better city, better life” dice il sottotitolo dell’esposizione, ma qui c’è solo l’ostentazione di un’opulenza irreale e lo show dei più diffusi luoghi comuni e banalità culturali sul Belpaese.
Il giorno dopo, mentre cerco di contrattare il prezzo di una maglietta al mercato, mi rendo conto di quale effetto una cosa del genere abbia sui cinesi, abituati a conoscere poco del mondo esterno e a costruire troppi castelli di carta sulla base delle rare, fugaci immagini che il regime permette loro di vedere: abbassare il prezzo è fuori discussione, è evidente che un italiano pieno di soldi può ben permettersi di lasciare qualche soldo in più al mercato.
Sei stata all’Expo? Chiedo alla commerciante.
Sì, certo, perché? L’ho vista, la vostra mostra!
Sorrido, mi giro e me ne vado.

Marco Vernizzi

FacebookTwitterGoogle+Condividi
 Posted by at 19:48

 Leave a Reply

(richiesto)

(richiesta)