set 252010
 
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22 giugno 2009: Matteo Renzi vince le elezioni e diventa sindaco di Firenze dopo essere stato presidente della provincia a soli 29 anni.
A poco più di un anno di distanza Matteo Renzi si è fatto largo sulla scena politica nazionale, non solo per le sue provocazioni ma, soprattutto, per il suo modo nuovo di governare la città. Ne è un esempio “il piano strutturale a volumi zero” cioè lo sviluppo della città senza l’aumento della cementificazione, ripristinando vecchi edifici e tenendo conto dei criteri di sostenibilità ambientale.
Il suo ruolo all’interno del Pd è quello di “moralizzatore” e “rottamatore“ della vecchia politica.
Lui, Debora Serracchiani e Pippo Civati rappresentano il nuovo che avanza all’interno di un partito che di forze nuove e freschezza di idee ha fortemente bisogno.
Durante il dibattito all’interno della festa del Pd di Firenze Renzi ha dichiarato “dopo tre mandati in Parlamento, se uno torna a casa e smette di fare il parlamentare non è così drammatico anche perché le pensioni non mi sembrano poi così basse.
Io non dico che debbano smettere con la politica, ma che tornino a fare i militanti lavorando per  il partito da un’altra parte. Questa festa va avanti grazie alla gente che ci lavora. Mi rispondono che quello che dico è antipolitica, forse non hanno mai incontrato una persona che schifata gli dice in faccia  «sei uguale a tutti gli altri, sei un ladro!».
Quella è antipolitica“.
Parole che rappresentano in toto una debolezza strutturale della nostra base dirigente che è ancora lontana dalla gente comune, che cavalca il motto dell’ avanti i giovani ma che non molla il posto e quando si tratta di prendere decisioni importanti, difficilmente prende  in considerazione  il giovane.
Questo vale a tutti i livelli, nazionale  e locale. Un gruppo dirigente che sembra non aver ancora capito come porsi senza continuare a restare nei vecchi schemi della politica, fatta di paroloni e di frasi a volte incomprensibili.
Faccio un solo nome su tutti: Massimo D’Alema che (come ha già ironizzato Crozza a Ballarò) in un estate di crisi per il governo in cui i due fondatori del partito di maggioranza litigano, in cui la disoccupazione è al massimo, ha come unica preoccupazione il proporzionale alla tedesca. Ma questa non è la  preoccupazione di un precario o di una famiglia che non arriva alla fine del mese.
Sono convinto che la legge elettorale vada cambiata ma in questo momento forse è meglio fare  proposte serie, su come aumentare lo sviluppo economico o come risolvere il problema della disoccupazione e del precariato.
Questo è quello che vuole sentirsi dire l’italiano medio, diversamente si crea  il partito dell’antipolitica e del “tanto sono tutti uguali”.
Con le sue tante provocazioni e critiche alla dirigenza  Matteo Renzi  trova consenso anche tra gli apolitici e tra quelli che a votare probabilmente non ci andrebbero, diventando il leader ideale del centrosinistra. Giovane, dinamico, semplice, tanto da essere definito da i giornali esteri come l’Obama italiano.
Lui ha dichiarato che continuerà a fare il sindaco di Firenze perché è il lavoro più  bello del mondo, ma su internet, in particolare su Facebook, prolificano i gruppi a suo favore.
A questo punto credo che il futuro di Renzi non si limiterà a Firenze, ma sarà nella dirigenza del partito come ha dichiarato, scherzando prima della vittoria a Firenze ”se perdo torno a lavorare ma se vinco divento  uno dei leader nazionali del partito” proprio li dove adesso arrivano come picconate le sue critiche. Ovviamente Veltroni e D’Alema permettendo.
Per esprimere in poche righe il pensiero di Renzi l’aiuto ce lo da la frase di un uomo che leader di partito lo è stato, che ha molto da insegnare ai giovani e che poco è stato recepito da chi ha preso le redini del partito, sia a livello nazionale che a livello locale in questi anni.

«La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico.»
Enrico Berlinguer

Roberto Giveri
rgiveri@pdfidenza.it

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